Il giudizio finale

Il commento al Vangelo di domenica 26 novembre 2017

23 Novembre 2017

Mt 25, 31-46

Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E sene andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna”.

Ecco allora che alla fine della nostra esistenza ci sarà il giudizio finale su come l’abbiamo spesa, dove buoni e cattivi, saggi e stolti, si troveranno insieme per ricevere da Cristo, che in questa ultima parabola si presenta come il sovrano che giudica in modo giusto, o il premio o la condanna definitiva.Il premio consiste nel partecipare alla sua festa, alla sua gioia, nell’essere pienamente felici; la condanna nell’esserne esclusi. Ciò che conterà saranno i gesti di carità che abbiamo donato o rifiutato agli altri, soccorrendoli nelle loro più strette necessità: pane, acqua, vestiti, riconoscimento di pari dignità.Con la sua sentenza il re spiega che il vero seguace di Cristo non è chi professa un’appartenenza religiosa, né chi dichiara a parole grandi principi, ma chi compie azioni che esprimono concretamente il prendersi cura dei più bisognosi, nei quali Egli s’identifica. Gesù dice di aver provato la sofferenza come loro. Per questo motivo amare il prossimo è amare Dio e chiudere il cuore ai fratelli è ancherifiutare Lui. Gesù ci invita ad un’osservanza dei comandamenti che sia amorevole: è il comandamento dell’amore che dà senso a tutti i precetti.Come discepoli di Gesù, siamo capaci di alimentare l’olio della fede con piccoli gesti di attenzione a chi ce li chiede?

(da “Una comunità in ascolto di Matteo” – a cura degli insegnanti di religione cattolica della diocesi)