Corpus Domini

Il Vangelo di domenica 7 giugno 2015

5 Giugno 2015

Celebriamo il mistero dell’alleanza di Dio con l’umanità, un pro getto prefigurato attraverso la storia del popolo d’Israele e portato a compimento attraverso la persona di Gesù Cristo. Nello stesso tempo la liturgia riflette sul senso della Comunità Cristiana, chiamata ad essere nel mondo testimone continuo della medesima alleanza. Il dono che Gesù fa di se stesso rimane presente e comunicato attraverso diversi segni, tra i quali per la vita cristiana occupa un ruolo determinante il memoriale eucaristico: qui, il sacramento del suo sacrificio diventa opportunità di comunione offerta a tutta l’umanità.Ecco, allora, l’importanza di soffermarci su alcuni passaggi che l’evangelista Marco propone ai suoi lettori. La pagina evangelica di oggi, possiamo dividerla in due “episodi” collegati tra loro:i preparativi per celebrare la festa di Pasqua e la cena pasquale vera e propria.Più volte viene usato il verbo “preparare” legato a questa cena che sarà fondamento di tutta la vita cristiana. Non si può improvvisare il dono di sé, se non una preparazione: Marco ci chiede di rileggere la vita di Gesù come una preparazione alla Pasqua. Contemporaneamente domanda a noi come stiamo vivendo la nostra esperienza di Fede: non si può improvvisare la relazione con il Signore! È necessario curare, prepararsi per capire e quindi vivere la Fede nel Cristo.Nel rileggere la storia di Gesù emerge chiaramente come il Signore vive con consapevolezza l’avvicinarsi della sua passione e della sua morte: con estrema libertà si dona, consegnandosi con piena coscienza nelle mani degli uomini. Troppo spesso confondiamo la Fede con l’emotività del momento, dimenticandoci la quotidianità e l’impegno per vivere in modo maturo la relazione con Gesù.Nel secondo episodio la nostra attenzione viene “catturata” dalle parole di Gesù su pane sul vino. Non solo sono mistero che rendono presente la sua vita in mezzo a noi ma dicono il significato della sua morte e della sua risurrezione. “Dare la vita” non vuol dire solo morire per qualcuno, ma anzitutto “far vivere”, permettere che l’altro viva. Se non c’è questa volontà di vita per l’altro, non serve neppure morire per lui. Nelle nostre celebrazioni eucaristiche siamo chiamati esattamente a “fare questo in memoria” del Signore, dichiarando la stessa disponibilità a dare quella che vita che da Lui abbiamo ricevuto.Il pane che mangiamo, il vino che beviamo sono la vita di Cristo per noi! Ed è perché sono stato reso vivo da Lui che non posso comunicare vita a chi mi sta accanto. È la forza della Santa Messa, è il “contagio” dell’amore sperimentato e vissuto.