Chi è colui che attendo?

Il Vangelo di Matteo introduce solennemente l’Avvento con queste parole: “Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà”. Su questa frase e sulla sua comprensione si declina la maturità del credente che è chiamato a “vegliare” cioè ad attendere. Ora è importante considerare che la qualità dell’attesa dipende da chi si attende, un figlio non attende un padre come attende un ladro. Il padre è atteso con gioia e trepidazione, il ladro con evidente senso di paura.Nel tempo dell’Avvento il cristiano è chiamato a fare una scelta e a porsi una domanda fondamentale; chi è colui che attendo? Dalla risposta a questa domanda dipende non solo la qualità dell’attesa ma anche il frutto benefico che essa deve e può suscitare nell’animo del credente.A queste considerazioni il Vangelo di Matteo aggiunge un’altra importante affermazione “due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via l’altro lasciato”. Meglio essere presi o meglio essere lasciati? Una lettura disattenta e superficiale potrebbe indurre a pensare che colui che viene lasciato sia salvo, in realtà è proprio colui che viene “afferrato” da Dio che si salva. Tutto dipende dall’idea che noi abbiamo del “figlio dell’uomo”, chi è per noi? Un ladro che viene a rubare e a togliere o un padre che viene a prendere e a salvare? “Ad te levavi animam” meam”: è questo l’incipit dell’introito gregoriano della prima domenica di Avvento e questo è quello che dobbiamo chiedere con forza al Signore: “eleva a te Signore l’anima mia, afferrala”.L’Avvento diventa così un tempo di purificazione e di discernimento, il cui fine è ristabilire nel cristiano la giusta e vera immagine di Dio, immagine che prende forma e figura nella santa umanità di Gesù Cristo venuto nella carne.In questo tempo di grazia il cristiano si spoglia dell’immagine di Dio che si è creata per lasciare spazio all’immagine di Dio che egli stesso crea in lui. Attendiamo dunque vigilanti e trepidanti la venuta nella carne del figlio di Dio.