Un abbraccio dato con gli occhi

Dicembre 2020, dieci mesi dopo la pubblicazione del primo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri: : primo di una lunga serie, perché ormai Dpcm è il logo che introduce o sigla  tutti i cartelli informativi che ci spiegano o piuttosto prescrivono come, quando e in quanti è permesso entrare in bar piuttosto che in negozio. Da allora ed ancora, settimana dopo settimana, rimaniamo in attesa dell’ultimo, del prossimo Dpcm, quello che ancora una volta chiuderà o aprirà i confini del nostro vivere comune.Accade così. Anche la comunicazione cambia linguaggio, nel senso che dà spazio agli interrogativi del quotidiano concreto, quello vissuto dalla gente, quei tutti “noi qualunque” che cominciamo ad affrontare l’impatto della pandemia Covid19 nel lavoro, nella scuola, negli spostamenti… Già a marzo, nell’invitare gli studenti del “Primo Levi” di Vignola a “scorgere l’ordinario in questi strani giorni” la dirigente ed i docenti dell’istituto indicano la strada della poesia come occasione di riflessione. Nei pochi versi della sua composizione uno studente, Gustavo Bertocchini, fotografa ed annota: “La vita cambia/ ci si preoccupa/ ci si allontana/ e ci si chiude”. E la chiusura non è solo un simbolico modo di dire. Assieme al distanziamento fisico la mascherina diventa (dapprima pur lentamente e con autorevoli distinguo da parte dei tanti e contrastanti pareri dei virologi) l’indispensabile protezione individuale dal pericolo del contagio: una semplice difesa dal virus oppure un tendere ad un allontanamento dagli altri, uno straniamento prodotto immediato di un vissuto di incertezza e di paura?La mascherina allora. Quella che prima eravamo usati ad associare alla velatura – voluta o imposta- delle donne islamiche, ora diventa l’indispensabile accessorio che indossiamo tutti, maschi e femmine. Escono solo gli occhi, del volto coperto a metà dalla mascherina. Non possiamo ricorrere alla mimica facciale che eravamo abituati ad osservare quando ci incontravamo ed eravamo uno di fronte all’altro e dalla quale avevamo imparato a cogliere anche “il non-detto” cioè l’emozione che accompagnava le parole, le rinforzava o al contrario le negava. In quest’Anno Zero d. c. (lo trovo scritto così 0 d.opo c.oronavirus: è un modo scherzoso/impertinente o lo dobbiamo considerare capace di cogliere la cesura tra due tempi completamente diversi?) stiamo imparando a leggere il messaggio che ci diamo e che riceviamo dietro lo schermo della mascherina. Dire no, dire di sì con la voce e con gli occhi. Leggere un sorriso che sale dalla bocca coperta dalla mascherina e si riflette nell’intensità dello sguardo…”Come si cambia per ricominciare” canta Fiorella Mannoia. Era al Festival di Sanremo del1984, oggi  nella comunicazione che cambia linguaggio per continuare ad esistere, per continuare ad essere veicolo di relazione, parliamo anche con gli occhi e proviamo a far uscire un abbraccio dal nostro sguardo…