Non dimenticare chi dimentica: la fragilità dell’oblio
Anno dopo anno, il nostro calendario si è arricchito di appuntamenti "dedicati" ai temi della salute ed a quelle malattie che, sebbene poco o male conosciute, rivestono un particolare impatto sociale.

Credo che in Italia sia stata la Campagna Airc (Associazione italiana ricerca sul cancro), nel maggio del 1985, ad aprire la strada agganciando la ricorrenza della Festa della Mamma all’azalea della ricerca. Quest’anno, per la particolare situazione della pandemia, l’appuntamento primaverile con l’azalea della ricerca si è spostato dalle piazze al Web, ma non è stato disatteso. Invece non è stata data altrettanta rilevanza mediatica ad un altro importante e gravissimo problema socio-sanitario - la demenza - che a livello mondiale vede interessata una persona ogni tre secondi.
Un’incidenza numerica che l’ha fatta definire "l’epidemia silente", che pone alle nostre comunità problemi umani, clinici, psicologici, organizzativi ed economici, perchè il processo di modificazione della struttura neuronale, tipico della malattia e che arriva fino alla neurodegenerazione è lento e si sviluppa in lunghi anni.
In Friuli Venezia Giulia, dove si stima che i malati siano intorno ai 20 mila (dato del 2018 secondo l’allora Assessore regionale Telesca), di cui 4 mila nella sola Trieste (dato del gennaio 2020) è passato quasi sotto silenzio settembre, quel mese che fin dal 1994 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e l’Alzheimer Disease International (ADI) hanno dedicato in tutti i Paesi alle manifestazioni di informazione e di sensibilizzazione su uno stato di malattia, di cui la forma più diffusa e nota, ma non certo l’unica, è la Malattia di Alzheimer. Solo l’Associazione triestina di Volontariato sociale Goffredo de Banfield ha inteso comunque dare visibilità alla ricorrenza con l’inaugurazione della panchina viola collocata all’inizio del Viale XX Settembre e la premiazione del Concorso letterario "La nonna sul pianeta blu", che ha visto la partecipazione di oltre un centinaio di racconti sul vissuto di chi vive accanto ad una persona affetta da demenza.
Sui temi della salute e della malattia si intersecano domini interattivi che intrecciano ambiti eco - bio - psico - sociali complessi, racconta Rabih Chattat, professore di Psicologia dell’invecchiamento e demenze presso l’Università di Bologna, e ne osserva un’incidenza sempre più elevata nella popolazione italiana: siamo in presenza di un milione di malati, cioè in rapporto alla popolazione totale conteggiamo 1 malato ogni 60 persone. "La demenza è un’emergenza, una strage silenziosa, una piaga che miete ogni anno milioni di vittime in tutto il mondo e quanto fanno le Associazioni di volontariato non può e non deve essere sostitutivo di quanto per legge dovrebbero fare le Istituzioni, i Servizi ed il Sistema Sanitario Nazionale" argomenta Roberto Calvani, presidente degli psicologi Friuli Venezia Giulia, che aggiunge "Il Piano Nazionale Demenze, in vigore dal 2014, attende ancora di essere adottato da alcune regioni, tra le quali la nostra".
È di competenza regionale l’istituzione sul territorio dei Centri Deterioramento Cognitivo e Demenze, come sistema organizzato di esperti che seguono il malato nella diagnosi e dopo, nel suo percorso di cura che deve contare su operatori sanitari, educatori, personale sanitario ed infermieristico dedicato, con la formazione e gestione di centri occupazionali, luoghi di socializzazione e di attività laboratoriale. Ad oggi i piani di cura per le demenze non possono contare su farmaci che diano guarigione, perchè essi risultano tutt’al più "contenitivi" dei sintomi, in qualche modo ed a seconda della risposta individuale.
La demenza è una sindrome, un insieme di sintomi che sono espressione di una malattia organica che porta a progressive perdite fisiche e funzionali, con modifiche nella sfera della personalità, affettività, ideazione, percezione...E chi sta accanto al malato come caregiver, - nella maggioranza dei casi è la moglie - in questo affiancamento che cerca di seguire con uno sforzo continuo di creatività per far fronte alle continue modifiche delle necessità, vive assieme a lui una specie di "piccola morte quotidiana" nel vederlo spegnersi giorno per giorno, ricordo dopo ricordo in un progressivo lutto, in-fi-ni-to... E si chiede dove siano i servizi alla persona, presupposti ma non realizzati per rendere praticabile quella domiciliarità che era pensata per far star meglio il malato nella cornice della sua casa piuttosto che nel letto di ospedale?
Quando un semplice ausilio come un girello o una maniglia per sollevarsi dal letto deve attendere i tempi di prenotazione (20 giorni) per la visita domiciliare della fisioterapista per accertare i bisogni del malato e poi ancora altri 15 giorni per ottenerne la consegna? Intanto i posti letto nelle RSA del Goriziano sono stati tagliati...Oggi che la preoccupazione per gli effetti della pandemia Covid 19 bloccano di fatto l’accesso dei parenti ai ricoverati, non è più nemmeno praticabile la cosiddetta "funzione sollievo" di un ricovero temporaneo del malato per cure e fisioterapia in reparto...