Dalla fiaba di Andersen alla Panchina Rossa
Si è parlato di 91 casi, ma si tratta di un numero approssimato, perchè già il giorno precedente e addirittura il 25 stesso e poi il 26 la conta si è allungata

Con una "celebrazione", piuttosto un monito pareva aver caratterizzato il 25 novembre in questo difficile 2020 di "vita sospesa" (Ezio Mauro su La Repubblica) con una Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, che pur nell’ovvia assenza di manifestazioni pubbliche e di mobilitazione partecipate sulle piazze, ha lasciato un’impronta e non solo nella riproposizione fotografica e/o materiale di tante scarpe da donna di colore rosso - rosso come il sangue dei tanti femminicidi commessi da inizio anno - uno ogni tre giorni, come ha ricordato il Presidente Conte e "un’emergenza pubblica" come ha sottolineato il Presidente Mattarella.
Si è parlato di 91 casi, ma si tratta di un numero approssimato, perchè già il giorno precedente e addirittura il 25 stesso e poi il 26 la conta si è allungata: dalla Calabria al Veneto e al nostro Friuli altre mani maschili hanno impugnato pistola e coltello per massacrare le donne con le quali conducevano sotto uno stesso tetto una vita fatta di fatica quotidiana e crescita di figli. E sì che radio e Tv, sulla scorta dei dati forniti dalle forze dell’ordine e dai centri antiviolenza che hanno raccolto le denunce (+ 77%) avevano sottolineato a più voci quanto il fatto ( non voglio chiamarlo fenomeno) della violenza domestica si fosse accentuato nel periodo del confinamento primaverile, quando l’obbligo della convivenza nello spazio ristretto della casa, aggiunto al problema economico della mancanza o della perdita del lavoro aveva fatto saltare il tappo di conflittualità latenti: contro le donne - giovani e anziane - una serie continua di maltrattamenti, umiliazioni, violenze fisiche e psicologiche, non meno pesanti delle botte, come ferite e non meno brucianti.
A proposito di quanto sia distruttiva l’aggressività verbale, padre Enzo Bianchi, fondatore della Comunità di Bose, accentua con forza: "Le parole sono le prime armi sempre a disposizione per ferire e negare la vita ad un altro. Chi è violento con le parole è già un assassino". Un invito, che è un monito, arriva da papa Francesco il 25 novembre "Dobbiamo tutti fare molto di più per la dignità di ogni donna" perchè "Da come trattiamo il corpo della donna, comprendiamo il nostro livello di umanità".
E certo conosceva bene la data del 25 novembre, ma probabilmente non si è mai soffermato su "dignità, umanità" colui che a Gorizia ha inteso sfregiare con scritte oscene la panchina rossa, sistemata un anno fa ai giardini pubblici per commemorare le donne vittime di violenza.
Scritte offensive prontamente cancellate, con un’altra mano di rosso. Basterà per segnare un cambio di passo? Forse, se accompagnato da un percorso di formazione culturale a tutto tondo.
Ed intanto vediamo che la Panchina Rossa, cronologicamente a ritroso, è un’ultima pennellata di un colore, il rosso, che ci rimanda ad una narrazione che forse abbiamo sentito da piccoli, dove ad essere rosse erano un paio di scarpe...
La storia triste - piuttosto crudele - (o perfino "orrida" dal punto di vista di una commentatrice dei giorni nostri) di una bambina povera che si infatua delle sue prime scarpe regge la trama della fiaba "Scarpette rosse", sullo sfondo moraleggiante e cupo della colpa per una vanità femminile, da punire inevitabilmente secondo la rigida mentalità di Hans Christian Andersen.
Poi, nel 2012, grazie all’installazione artistica pubblica della messicana Elina Chauvet, è stato rispolverato il tema delle scarpe rosse, nella tipologia di eleganti scarpe da ballo e poi di scarpe femminili di qualsiasi foggia, che diventano simbolo di una tragedia tutta sviluppata al femminile, cioè di un corpo di donna violato, stuprato, assassinato.
Un no al femminicidio ed alla violenza sulla donna.