Ricongiungimenti familiari e comunità cristiana
"Purtroppo, per inciso, quello che si vede è che la famiglia porta il peso delle disfunzioni di una società che, pure, a parole è molto impegnata a tutelarla"
Cosa si intende quando si parla di ricongiungimento familiare: "l’ingresso e il soggiorno in uno Stato membro dei familiari di un cittadino di un paese terzo che soggiorna legalmente in tale Stato membro, al fine di conservare l’unità familiare" (Direttiva del Consiglio dell’Unione Europea 2003/86/CE). Si parla quindi di persone che sono regolarmente in un Paese dell’Unione europea avendo un permesse di soggiorno normalmente legato ad una attività lavorativa, che chiedono di poter unificare la famiglia nel Paese ospitante.
Non siamo quindi nell’ambito dei problemi riguardanti le migrazioni definite non regolari.
La stessa Direttiva all’art. 7 recita: "Al momento della presentazione della domanda di ricongiungimento familiare, lo Stato membro interessato può chiedere alla persona che ha presentato la richiesta di dimostrare che il soggiornante dispone: a) di un alloggio considerato normale per una famiglia analoga nella stessa regione e che corrisponda alle norme generali di sicurezza e di salubrità in vigore nello Stato membro interessato; b) di un’assicurazione contro le malattie che copra tutti i rischi di norma coperti per i cittadini dello Stato membro interessato, per se stesso e per i suoi familiari; di risorse stabili e regolari sufficienti per mantenere se stesso e i suoi familiari senza ricorrere al sistema di assistenza sociale dello Stato membro interessato. Gli Stati membri valutano queste risorse rispetto alla loro natura e regolarità e possono tener conto della soglia minima delle retribuzioni e delle pensioni nazionali, nonché del numero di familiari".
In una nota dell’Agenzia Consiglio Notizie dello scorso 8 novembre si legge: "L’applicazione pratica della normativa nazionale sul ricongiungimento familiare provoca fenomeni sociali ed economici devastanti, generando un incontrollabile flusso migratorio costituito dai familiari dei lavoratori.
Ne è convinto Antonio Calligaris, il consigliere della Lega primo firmatario della proposta di legge nazionale 18, che si propone di modificare la legge italiana in materia". Il consigliere regionale, che è pure consigliere comunale a Monfalcone, fa esplicito riferimento alla situazione nella ’città dei cantieri’.
"Una situazione - scrive Acon - che secondo la Lega non è più tollerabile in quanto comporta un significativo aumento dei costi sociali, con risvolti anche nel settore sanitario e in quello scolastico, dove ci si trova davanti a un’emarginazione della componente italiana".
Questa lettura della situazione monfalconese, che coincide con quella illustrata su Voce Isontina dal sindaco Anna Maria Cisint, ha portato alla richiesta, con proposta di legge nazionale approvata in Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, di "modificare l’attuale Testo unico sull’immigrazione (decreto legislativo 25 luglio 1998) nel punto in cui ritiene sufficiente un reddito annuale di 8975,46 euro per ricongiungere un familiare, 11967,28 euro per ricongiungere due familiari e 17950,92 euro per ricongiungere due o più figli minori. Cifre che - si legge nell’articolo di Acon - sarebbero troppo basse per mantenere il lavoratore e si suoi familiari senza ricorrere al sistema di assistenza sociale dello Stato membro interessato".
Ci si trova di fronte a scelte che impongono una riflessione per chi vuole guardare ai fenomeni sociali con un’ottica cristiana. E non stiamo parlando di difesa della cristianità, ma di fede cristiana vissuta.
Nel discorso del ricongiungimento sono in gioco: la famiglia, il reddito, i servizi.
In una visione cristiana, la famiglia è la cellula base della società e va accompagnata nel suo ruolo di crescita delle nuove generazioni e di integratore sociale.
Purtroppo, per inciso, quello che si vede è che la famiglia porta il peso delle disfunzioni di una società che, pure, a parole è molto impegnata a tutelarla.
Il reddito; parliamo di quello che percepisce a Monfalcone un lavoratore non dipendente di Fincantieri che presta la sua opera nel cantiere navale.
La logica del massimo profitto al minor costo, abbinata al sistema degli appalti non sempre sotto controllo, cosa offre come possibilità di reddito ai lavoratori extra-comunitari presenti in modo massiccio a Monfalcone? Il sindaco parla di una percentuale di stranieri che raggiunge complessivamente il 30 per cento degli abitanti. Allora la preoccupazione dovrebbe riguardare la giustizia nelle retribuzioni ai lavoratori.
Quello che molti percepiscono oggi come stipendio, rispetta la dignità del loro lavoro? Rende possibile il mantenimento di una famiglia senza dover ricorrere ai servizi sociali? E vale per tutti, non solo per gli extra-comunitari.
I servizi
Una popolazione che aumenta e cambia nelle sue caratteristiche ha bisogno di una programmazione dei servizi ai cittadini adeguata alla nuova realtà sociale.
Anche qui occorre chiedersi se abbiamo lavorato a programmi che tendono a rispondere alle nuove esigenze della nostra piccola società o siamo rimasti a pensare in termini di conflittualità e di conservazione di una identità che sarebbe tutta la verificare.
Restringere la realtà nei parametri culturali e sociali del passato non aiuta nessuno né oggi né, soprattutto, domani. Se vogliamo dire qualche cosa di cristiano anche su argomenti di questa portata, non possiamo non partire da quell’amore per il prossimo che deve essere la dimostrazione dell’amore verso Dio.
Non parliamo di buonismi, che sono fuori campo. Parliamo di modo di affrontare la realtà: accogliere o rifiutare? Rispettare davvero la dignità delle persone o, in nome della garanzia di dignità, rendere più difficile, se non impossibile, anche l’unità della famiglia? Programmare una città di tutti e per tutti o andare verso una città del passato che non vuol vedere il presente? E quindi, cosa intendiamo quando parliamo della famiglia come valore fondamentale della società? Che cosa facciamo per rendere vere queste parole? E non può valere solo per le famiglie che risiedono qui da sempre o da tanti anni, vale per tutte le famiglie. In caso contrario siamo cristiani ipocriti.
Il reddito.
Possibile che si senta sussurrare di lavori duri a paghe da fame e poi non ci si muova per togliere scandali di questo tipo nella società che si mette l’etichetta di cristiana? Ed è accettabile che si lasci un padre di famiglia senza possibilità di riunirla solo perché gli fissiamo un reddito non raggiungibile come criterio per chiedere il ricongiungimento?
Il problema da segnalare è che quel reddito è uno sfruttamento indegno, dal punto di vista del cristiano e anche semplicemente di chi ama la giustizia sociale. Una famiglia ha bisogno di una abitazione: come affrontiamo il problema? Il libero mercato? C’è una programmazione urbanistica che tenga conto dell’aumento della popolazione e del cambiamento in atto? Ecco perché i ragionamenti sul ricongiungimento familiare pongono interrogativi alla coscienza cristiana non solo nel merito delle proposte ma anche sul perché quelle proposte vengono fatte. L’ottica cristiana non è facile, richiede ripensamenti su tutto il nostro modo di vivere e quindi richiede tempo per rieducarci, ma non è tanto popolare e non genera applausi e consensi politici a nessuno, nemmeno ai molti che si ergono a difensori della cristianità, salvo dimenticare di vivere la fede cristiana.
Una comunità cristiana, però, ha almeno il dovere di testimoniare la propria fede e non solo nelle processioni.