Dialogo Aperto
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Burqa, Niqab, negozi etnici ed altro

Il sindaco di Monfalcone Cisint in questi ultimi giorni ha dedicato una particolare attenzione al problema della convivenza con le diverse comunità di lavoratori immigrati che ormai sono stabilmente residenti a Monfalcone.

Parole chiave: Burqa (1), Niqab (1), negozi etnici (1), Monfalcone (13)

Si deve dare atto all’attuale amministrazione di una certa coerenza con quanto affermato in campagna elettorale nell’approccio al problema degli immigrati che probabilmente, accanto al tema dell’amianto,è stato determinante nella vittoria rispondendo ad una sentimento generalizzato nell’opinione pubblica che vede con preoccupazione la perdita di identità della città.
Nulla da dire sulla norma che impone l’obbligo del riconoscimento del volto nell’accesso agli edifici pubblici. Si tratta di una misura di sicurezza in tempi in cui è bene essere prudenti e, forse, sarebbe opportuno che fosse estesa a qualsiasi luogo pubblico.
La libertà individuale ,in cui è compresa quella religiosa,può anche essere in parte sacrificata a tutela di un interesse generale alla sicurezza.
Positivo anche l’intervento che limita a quelli esistenti la diffusione in centro dei negozi etnici che hanno contribuito non poco al degrado di via Sant’Ambrogio.
Fino qui tutto bene, pare un buon avvio per dare regole alla convivenza ma tutto questo diventa solo propaganda quando si legge che il sindaco sceriffo caccia i ragazzi bengalesi dal campetto di via Cellottini e dal campo di via Boito dove giocavano a criket .
Una situazione di degrado-secondo il sindaco- e, "nella destinazione dei nostri campi - ha osservato il vicesindaco Nicoli - vogliamo seguire le priorità di fronte alle richieste più forti che provengono dalla comunità. Il campo di via Boito è utile piuttosto all’attività di calcio delle squadre giovanili, che attualmente affollano lo stadio comunale vicino". In parole povere se proprio insistono i ragazzi bengalesi giochino a calcio e "se no…. chi se ne frega"
Con queste scelte si fa come gli struzzi si mette la testa sotto la sabbia.
Come si può negare ai giovani bengalesi il diritto ad un luogo dove poter giocare? Allo stesso modo come si può negare ai musulmani - alle cui donne giustamente si impone l’obbligo del riconoscimento facciale - un luogo dove pregare?
Il sindaco avrebbe ragione se la presenza di queste comunità fosse un fatto transitorio, un anno o due, ma lo sa bene che non è così.
Credo che nei suoi incontri con l’amministratore delegato di Fincantieri il sindaco avrà affrontato il problema degli appalti e avrà capito (e lo si desume anche dal documento che l’amministrazione comunale ha presentato a Fincantieri) che la situazione attuale si è ormai stabilizzata e per almeno una decina d’anni, secondo i carichi di lavoro attuali, è destinata a permanere.
Quindi il problema dei lavoratori immigrati e delle loro famiglie va affrontato nel suo complesso anche in termini di servizi in una prospettiva di integrazione, che non può significare assimilazione, pretendendo con fermezza e severità rispetto delle nostre regole ma anche riconoscendo i loro i diritti di cittadini.

© Voce Isontina 2023 - Riproduzione riservata
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