La solitudine del numero uno

Il ruolo del portiere nel calcio resta quello che più di tutti gli altri accende le fantasie dei bambini. Ricordo che da piccolo guardavo con ammirazione quel giocatore vestito di nero. Infatti a otto anni, nel 1973, quando entrai nei pulcini della Juventina, non ebbi nessuna incertezza a mettermi alla guardia della porta e subire le pallonate dei miei compagni di squadra.La mia prima divisa da portiere la comprai alla Standa in corso Verdi, era come detto nera con il colletto blu, che riproduceva la maglia di Lido Vieri allora portiere interista. Si perchè in questo magazzino, si trovavano le maglie solo di Juve, Inter e Milan, rigorosamente a righe verticali.Il mio primo idolo è stato il portiere Croy della Germania Est, quello che nel 1974 fermò la Germania Occidentale nella partita dei mondiali vinti poi da Sepp Maier e compagni.Era l’anno dei primi mondiali a colori, per noi a Gorizia e dintorni, in quanto bastava sintonizzarsi sulla tivù di Stato jugoslava per gustarsi le partite con questa novità. Molte partite le avevo viste alla Trattoria Turri dove era stato posizionato questo elettrodomestico… all’avanguardia. Come scordare l’impressione che mi fece il portiere olandese con il numero otto e la maglia gialla, un tale Jongblod? Era però l’anno di un estremo difensore che poi divenne un vero mito per le nostre generazioni, il polacco Tomaszewski: era un ragazzone alto due metri con i capelli lunghi e la fascia in testa come gli Indiani Cheyenne.Passavo interi pomeriggi a rovinarmi le ginocchia, tuffandomi nel duro cemento del garage, parando il pallone che tornava verso me dopo averlo calciato contro il muro, che si cerchiava di marrone, per la gioia di mio papà. Iniziavo anche a seguire dal vivo Juventina e Pro Gorizia, dove si sono succeduti sempre dei portieri affidabili. Cito a memoria i vari Siricano, Magris, Calligaris e Collavetta eroi della promozione in serie C2 e poi ancora Ermacora, Fabro, Michelutti e Scodeller…Negli anni Settanta, al sabato dopo la scuola, l’appuntamento delle 13.30 con la tivù jugoslava per una partita del campionato di serie A era irrinunciabile.Un torneo ed una scuola calcistica fra le più prolifiche che hanno dato al calcio mondiale portieri del calibro di Beara, Maric e Pantelic (che oggi giocherebbero nei club migliori d’Europa) ma anche estremi difensori che erano delle vere e proprie sciagure come quel Borota che in una partita della nazionale contro la Romania (vinta 6-4) ne fece di tutti i colori per la disperazione del telecronista di tivu Koper Capodistria, Bruno Petrali e per il mio diveritmento.Ora i portieri hanno visto snaturato il loro ruolo: devono stare attenti al minimo contatto con gli attaccanti avversari mentre una volta li vedevi uscire a valanga, ribaltando tutto e tutti… Altri tempi!