Applausi a Cappello nella serata inaugurale della Stagione “Lipizer”

Iniziato dall’incipit di Lorenzo Qualli, che ha sottolineato la dedicazione d’ora in poi dei “Concerti della Sera” alla “cara” professoressa Elena Lipizer scomparsa tre mesi fa, e ricordate la scadenza del presente Consiglio Direttivo dell’Associazione “Lipizer” e la data del 16 ottobre per la convocazione dell’Assemblea quinquennale dei soci, i prossimi Concerti della Sera, nonché il valore sociale del volontariato, Roberto Cappello ha preso posto al pianoforte. Due le Sonate beethoveniane affrontate dal pianista, presente a Gorizia per la decima volta dopo la prima del 1994: la Sonata n. 23 in Fa min. op. 57 “Appassionata” e la Sonata n. 8 op. 13 “Patetica” in Do min., cui si è aggiunta nella seconda parte della serata la Sinfonia n. 5 in Do min. op. 67 o “del destino” nella trasposizione per pianoforte di Franz Liszt. Un programma tutto beethoveniano, denso ed estremamente impegnativo per l’esecutore e di grande appagamento per l’ascoltatore. Composta tra il 1804 e il 1805, riveduta nella stesura dell’anno successivo, la Sonata in Fa minore venne pubblicata come op. 57 nel 1807 a Vienna, ma il titolo “Appassionata” apparve per la prima volta soltanto nel 1838, dopo la morte di Beethoven. Ferruccio Busoni, subordinando l’importanza dell’elemento passionale, ne individuava invece i tratti dimostrativi propri di chi voglia stupire: “Il temperamento mette al pensiero e ai bollori del sentimento la maschera di una sfrenatezza corporea”. Roberto Cappello, esecutore di grande esperienza e altrettanta capacità, ha espresso in pieno il virtuosismo insito nella composizione senza tuttavia farne l’elemento dominante, rendendolo pienamente funzionale all’espressività. Sempre nella prima parte del concerto, seguito da un pubblico delle grandi occasioni assai numeroso e partecipe, il maestro pugliese (nato a Campi Salentina nel Leccese) aveva esordito con pari intensità eseguendo la sonata n. 8 “Patetica” op. 13 in Do min., tonalità comunicativa di sentimenti tragici e forti emozioni. L’appellativo non fu coniato da Beethoven bensì, pare, dal suo editore per motivi commerciali, riconosciuto tuttavia dall’autore che gli assegnava il valore schilleriano come espressivo della “forza tragica di rappresentazione dovuta al conflitto di stati d’animo dolorosi”. Intensa quindi l’esecuzione, condotta con padronanza esente da compiacimento tecnico. Dopo la pausa – senz’altro ristoratrice per l’esecutore – Cappello ha ripreso il concerto con la Quinta sinfonia in Do minore op. 67 o “del destino” di Beethoven nella trascrizione del 1837 di Franz Liszt, da questi dedicata al grande pittore, e violinista dilettante, Jean Auguste Dominique Ingres. Attacco arcinoto: “Una formula ritmica, una cellula musicale: le cose più semplici possono essere le più elaborate e qui Beethoven ha trovato una melodia che è diventata iconica” (A. Pappano). Il pianista ha ricreato sulla tastiera l’ “Allegro con brio” con piglio orchestrale, non risparmiandosi parimenti negli altri movimenti. Meritatissimi gli applausi del pubblico, al quale Roberto Cappello, chiaramente soddisfatto, ha dedicato due graditi bis intimistici: “Ave Maria” del 1825 di Franz Schubert e di J.S. Bach il “Corale” dalla Cantata n. 147 composta nel 1716 e ampliata nel ’23. Al termine dell’incontro musicale, il pianista – vincitore di un Premio Busoni, instancabile Wanderer musicale, presidente di concorsi, ex Direttore del Conservatorio di Parma e Accademico di Santa Cecilia in Roma – ha ringraziato il pubblico e il Presidente Qualli, ricordato affettuosamente Elena Lipizer e, per quanto attiene alle sue ricorrenti visite a Gorizia, ha concluso scherzosamente che “non bisogna porre limiti alla Provvidenza”, alludendo alla possibilità di ritornare ancora a Gorizia, città in cui si trova decisamente a suo agio e ben accolto.