Tra merito e inclusione

L’aggiunta del termine merito al Ministero dell’Istruzione, che dovrà, analogamente ai cambiamenti di nome per altri ministeri, essere oggetto di un provvedimento legislativo, ha già sollevato contrapposte prese di posizione: fra gli estremi dei totalmente critici e dei pochi favorevoli si distinguono le opinioni di chi  ritiene necessaria un’analisi dei diversi significati attribuibili al termine e soprattutto delle politiche scolastiche che si intendono perseguire, aspetto su cui il neoministro Valditara non si è ancora espresso. “Chi dice merito, senza specificare che cosa intenda e come intende raggiungerlo, nella migliore della ipotesi non sta dicendo nulla; nella peggiore, nasconde una cattiva coscienza”, ha affermato il filosofo Pasquale Terracciano.Un preciso riferimento al merito scolastico è presente nella Costituzione italiana, come sottolineava nel 1950 Piero Calamandrei, che certo non può essere considerato un conservatore: “La scuola, organo centrale della democrazia, perché serve a risolvere quello che secondo noi è il problema centrale della democrazia: la formazione della classe dirigente…Ma questo può farlo soltanto la scuola, la quale è il complemento necessario del suffragio universale.La scuola, che ha proprio questo carattere in alto senso politico, perché solo essa può aiutare a scegliere, essa sola può aiutare a creare le persone degne di essere scelte, che affiorino da tutti i ceti sociali. Vedete, questa immagine è consacrata in un articolo della Costituzione, sia pure con una formula meno immaginosa.È l’art. 34, in cui è detto: ’La scuola è aperta a tutti. I capaci ed i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi’”.Il merito nella scuola come nella società riflette un mix di talento e impegno e, oltre alle difficoltà di valutare questi due elementi, molti ritengono sia ingiusto premiare chi è stato favorito dalla natura e dal contesto familiare.Secondo Daniele Novara, “Il merito non è un concetto pedagogico… ancora oggi dobbiamo farci forti di Lettera a una professoressa dove si dice che ’non si può fare parti uguali fra disuguali’. La scuola del merito dovrebbe considerare i punti di partenza e valutare gli alunni sulla base delle loro effettive condizioni di partenza”.Scuola del merito versus scuola dell’inclusione? In realtà va considerato che già nella scuola attuale, pur nel quadro di una personalizzazione degli apprendimenti, sono previsti profili di competenze in uscita, sulla cui base vanno attribuite valutazioni di merito. Non solo: anche nel 2022 il MIUR ha emanato un decreto su “Valorizzazione delle eccellenze. Criteri per la individuazione degli studenti meritevoli per i risultati raggiunti nelle competizioni”. Certo, è cosa ben diversa inserire l’ambiguo termine di merito (che si suppone riferito anche alla carriera dei docenti) nel nome ufficiale del Ministero, ma criteri di merito e competizione erano presenti nella scuola prima dell’attuale governo. Il problema è capire cosa si intende per merito e come promuoverlo e valutarlo, senza cadere in ideologie meritocratiche. Il neologismo meritocrazia è stato coniato dal sociologo britannico Michael Young nel romanzo “L’avvento della meritocrazia” del 1958, con un significato spregiativo perché riferito a un sistema elitario di estreme disuguaglianze in cui la posizione sociale di un soggetto veniva determinata dal suo quoziente intellettivo e dalla capacità di lavorare. Successivamente il termine ha assunto invece anche un’accezione positiva nei confronti di un appiattente egualitarismo e di sistemi clientelari e nepotistici. Esiste uno strumento definito meritometro, elaborato dal Forum della Meritocrazia in collaborazione con l’Università Cattolica, che attribuisce punteggi a 12 Paesi europei in base ai seguenti pilastri: libertà, pari opportunità, qualità del sistema educativo, attrattività per i talenti, regole, trasparenza e mobilità sociale. Non è purtroppo una sorpresa scoprire che nel 2021 l’Italia, dove da tempo l’ascensore sociale è bloccato, è l’ultima in graduatoria con 24,56 punti verso i 67,87 della Finlandia.Possibile coniugare merito e inclusione nella scuola? Nella mia esperienza di insegnante si è trattato di un tentativo continuo, difficile e spesso ansiogeno per tenere insieme il riconoscimento di talento e impegno, da un lato, di svantaggi personali familiari e sociali, dall’altro, con l’obiettivo di indurre gli studenti più fragili a comprendere le ragioni dei propri insuccessi e a trovare le motivazioni per superarli. Nella consapevolezza che il mio ruolo di insegnante era fondamentale per i ragazzi in difficoltà, perché i più dotati se la sarebbero cavata benissimo anche senza di me.