Sovranismo e politica internazionale

Ma dal percorso che l’ha preceduta e dalle polemiche che ha suscitato è possibile ricavare fin d’ora una lezione: il sovranismo di cui tanto si nutre certa politica odierna, è soltanto uno slogan ideologico, buono per motivare esibizioni muscolari a uso dei social network e per raccogliere consensi viscerali nelle urne, ma sistematicamente contraddetto dai fatti che poi, inevitabilmente, si devono porre in essere.Provocato dalle reazioni, sapientemente strumentalizzate, alle conseguenze di una globalizzazione non governata (il che equivale a dire gestita in modo non equo), il sovranismo si scontra con una realtà che, per semplificare con un’immagine, si può esprimere così: si possono alzare muri per tentare di bloccare chi fugge dalla persecuzione o si muove alla ricerca di un futuro minimamente dignitoso, ma i soldi non conoscono barriere. Tutti fanno affari con tutti e spesso in prima fila ci sono proprio coloro che della retorica sovranista sono i campioni a livello internazionale.Il punto è che da soli non si va da nessuna parte e lo sanno bene persino i giganti come gli Usa e la Cina. Ogni Paese è dentro un sistema di relazioni e di alleanze. L’Italia – come molti Stati europei, peraltro – ha cercato la sponda cinese soprattutto per motivi finanziari e immediatamente ha dovuto far fronte alle contromosse degli Usa, preoccupati in primo luogo per le questioni legate alla sicurezza (ma non solo). Il governo è corso a rassicurare lo storico alleato d’Oltreoceano e in questo recupero si è distinta la Lega i cui dichiarati legami con Putin in passato avevano allarmato gli americani. Il che ha consentito al M5S, per una volta, di togliersi lo sfizio di ribaltare sull’alleato-rivale la parola d’ordine sovranista: Italia First, prima l’Italia e suoi interessi.In verità l’unico modo realistico di promuovere e difendere la sovranità di un Paese, oggi, è cercare incontri, costruire rapporti, tessere relazioni. Tutto il contrario della chiusura. Per l’Italia questo processo passa innanzitutto attraverso la dimensione europea, che va ri-orientata e incrementata, non depotenziata. Con un minimo di onestà intellettuale, dovrebbe bastare quanto sta avvenendo nel Regno Unito con la Brexit per sgonfiare l’anti-europeismo che rischia, invece, di avvelenare la prossima campagna elettorale. Certo, per il nostro Paese è necessario un forte recupero di credibilità internazionale, attraverso “la reputazione di un Paese ordinato, bene amministrato, coeso”, come ebbe a dire lo scorso anno il Capo dello Stato nel discorso alla stampa parlamentare. “La reputazione – disse ancora il presidente Mattarella in quella occasione – è un bene comune, collettivo. Indisponibile. Sottratto a interessi di parte perché costruito, nel tempo, con il contributo del nostro popolo. E’ patrimonio di storia, di cultura, di valori che disegna il ruolo dell’Italia nella comunità internazionale”.