Risorse insostituibili ma non infinite

Più di un quarto del nostro territorio nazionale è a rischio desertificazione, fenomeno che riguarda le regioni del Sud ma anche quelle del Nord con la gravissima siccità di quest’anno che rappresenta solo la punta dell’iceberg di un processo che sta mettendo a rischio la disponibilità idrica nelle campagne e nelle città.  È quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla situazione del territorio italiano presentata in occasione della giornata mondiale dell’Onu per la lotta a desertificazione e siccità del 17 giugno scorso. Anche il  territorio regionale non è estraneo a questo. In Friuli Venezia Giulia infatti – secondo i dati presentati in questi giorni – siamo di fronte a una crisi idrica che nessuna persona in vita ha mai visto: da quando vengono fatti i rilevamenti (dopo il 1905) non si è mai verificata una situazione così grave. Si tratta di un’emergenza quindi   che ci richiama tutti a riflettere sulla necessità di porre mano ad un radicale cambiamento anche nei nostri stili di vita. Qualche giorno, fa promossa dalla Azione cattolica diocesana, si è svolto a Ronchi dei Legionari un incontro di approfondimento su questo tema con la presenza di diversi esperti tra cui i rappresentanti del consorzio di bonifica della Venezia Giulia e l’amministratore unico di Iris acqua. Tra i tanti dati presentati emerge il dato del consumo di acqua potabile italiano, che è  tra i più alti a livello mondiale. Ogni italiano consuma circa 120 litri di acqua al giorno: oltre il 40 per cento di questa acqua potabile se ne va in doccia e bagno. A questo poi vanno aggiunte le cattive abitudini quali ad esempio lavarsi i denti con l’acqua aperta che vale mediamente un consumo di 30 litri. Il tema dell’acqua però va inquadrato nel più ampio contesto del cambiamento climatico che sta segnando il nostro tempo, richiamato già nel maggio 2015 dalla Lettera Enciclica “Laudato Si’” e ripreso sempre più spesso nei suoi interventi da Papa Francesco. L’emergenza climatica è diventata  un’emergenza – afferma Francesco – che colpisce  negativamente la famiglia umana globale, in particolare i poveri e coloro che vivono alle periferie economiche del nostro mondo. Oggi – scrive il Papa, nel messaggio agli esperti ed agli scienziati riuniti in occasione della Conferenza promossa dalla Pontificia Accademia delle Scienze sul tema “Resilience of People and Ecosystems under Climate Stress” – ci troviamo di fronte a due sfide: ridurre da una parte i rischi climatici riducendo le emissioni e consentire alle persone di adattarsi al progressivo peggioramento dei cambiamenti climatici. Queste sfide -prosegue il Papa – ci invitano a pensare a un approccio multidimensionale per proteggere sia gli individui che il nostro pianet.  Nella Genesi, – riprende Francesco – Dio ha affidato  all’uomo la responsabilità di essere custode del dono della creazione. Alla luce di questi insegnamenti, quindi, prendersi cura della nostra casa comune, anche non è semplicemente uno sforzo utilitaristico, ma un obbligo morale per tutti gli uomini e le donne in quanto figli di Dio, scrive Francesco. Il Papa poi invita a chiedersi: Che tipo di mondo vogliamo per noi stessi e per coloro che verranno dopo di noi? E rilancia quella “conversione ecologica” che attraversa tutta la Laudato si’ Due ulteriori preoccupazioni si sono aggiunte, dice Francesco: la perdita di biodiversità e le numerose guerre che insieme portano con sé conseguenze dannose per la sopravvivenza e il benessere dell’uomo, compresi problemi della sicurezza alimentare e dell’aumento dell’inquinamento. Queste crisi, insieme a quella del clima terrestre, dimostrano che “tutto è connesso” e che promuovere il bene comune del nostro pianeta è essenziale per una vera conversione ecologica. Facciamo quindi nostro questo forte appello di Papa Francesco che interpella le coscienze di tutti gli uomini e donne di buona volontà credenti e non che hanno a cuore le sorti del pianeta. Avviamo quindi personalmente questo percorso di conversione, ma proseguiamolo anche nelle nostre Parrocchie con percorsi di educazione ambientale, facciamo nostro l’appello della CEI che ha inteso ad esempio promuovere le comunità energetiche come modello virtuoso di sostenibilità ambientale dando così un contributo concreto, ed economicamente conveniente, alla lotta al cambiamento climatico.