Quando la paura entra nella cabina elettorale

La paura – come testimoniano anche alcuni dei cartelloni lenzuolo di propaganda elettorale comparsi in queste settimane nelle vie cittadine – verso chi è approdato nell’Isontino provenendo da terre lontane. Gli afghani o i pakistani che affollano i container del San Giuseppe piuttosto che gli stanzoni del Nazareno hanno scelto Gorizia come tappa obbligata della loro esistenza non certo per la bellezza del panorama che si gode dal castello o per la bontà delle trattorie nostrane: a metterli in viaggio è stata unicamente la prospettiva di poter ottenere proprio qui quel foglio di carta attestante il loro status di richiedenti asilo. Un documento che da solo può permettere a loro ed alle loro famiglie una vita meno precaria e comunque alla luce del sole.Sarebbe interessante (anche solo per un istante e senza ipocrisia…) chiederci quale sarebbe stato il nostro comportamento se ci fossimo trovati al loro posto? Non avremmo forse affrontato gli stessi disagi e le stesse difficoltà pur di assicurare a noi ed ai nostri cari un futuro?Quello che sembra urtare la sensibilità del goriziano medio è vedere sostare questi giovani sulle rive dell’Isonzo o osservarli vagare inoperosi da una parte all’altra della città coll’auricolare del cellulare di ultima generazione all’orecchio: ma che altro potrebbero fare visto che le proposte di attività nelle 24 ore sono limitate o pressochè nulle e che le normative internazionali limitano fortemente le loro possibilità occupazionali fino a quando non ne viene definito lo status? L’esperienze di realtà anche a noi territorialmente vicine testimoniano però che questi giovani possono rappresentare una risorsa per la comunità e che percorsi di integrazione e formazione sociale e professionali sono comunque possibili grazie anche a finanziamenti nazionali e regionali. Basta volerli attivare.A chi si fa paladino del “prima i nostri” ci permettiamo di osservare che addentrarsi su questa strada rischia di essere pericoloso perché ci sarà sempre qualcuno che avanzerà un diritto “prioritario”.Ed il vessillo dei partigiani del “prima” porterà di volta in volta i colori di una regione, di uno Stato, di un continente, di una lingua, di una religione… col rischio, magari, di un’inversione dei ruoli…Non si può certo illudere gli elettori che sarà il prossimo sindaco di Gorizia a risolvere le questioni e ad arrestare i flussi migratori che spostano interi popoli dal sud al nord e dall’est all’ovest del mondo: chi giungerà nel palazzo di piazza Municipio ha però l’opportunità di fare della sua città un modello di integrazione pur nel sacrosanto rispetto delle leggi e dell’identità storica, culturale e sociale del suo territorio. E non è poco.Certamente le presenze penalizzano la città se il termine di paragone è rappresentato da altri comuni di quello che fu il territorio provinciale ma siamo ben lontani da quel pericolo “invasione” più volte paventato nei mesi scorsi da chi ha interesse ad attizzare il fuoco della diffidenza nei propri concittadini. Ed in questo anche il mondo dell’informazione non è privo di responsabilità vista l’incapacità di raccontare una quotidianità fatta magari di noia ma non certo di delinquenza. Dinanzi al fallimento annunciato e reiterato del Piano regionale per un’equa distribuzione di richiedenti asilo e rifugiati sul territorio (a causa anche del venir meno del supporto di molte amministrazioni pur prossime per colore politico alla Giunta regionale), l’unica strada alternativa percorribile per ridurre l’entità di una presenza passa attraverso lo snellimento delle procedure per l’analisi delle richieste di asilo. Questo, però, significa un impegno condiviso ed un lavoro di lobby trasversale dei parlamentari eletti nell’Isontino per incrementare il numero delle Commissioni prefettizie in regione dotandole di ulteriori uomini e mezzi. Solo così sarà possibile superare l’evidente mancanza di un supporto politico a livello centrale: l’indisponibilità dei fondi ministeriali appare in verità come una copertura per giustificare una precisa volontà indirizzata verso un’altra direzione. Con i risultati sotto gli occhi di tutti.Al di là della retorica pre-elettorale, però, basta poi fare un giro nelle scuole cittadine per rendersi conto di come la presenza di bambini nati in Italia da genitori originari di altri Paesi sia ormai esponenziale anche in una realtà geograficamente limitata come la nostra. E senza quegli alunni probabilmente quelle aule sarebbero rimaste vuote… Mentre noi discutiamo dei massimi sistemi, il mondo va avanti ed il caffè ci viene servito nel bar sotto casa da un simpatico cinese che parla italiano meglio della maggior parte dei suoi avventori. Ed allora in noi si insinua un dubbio. Non è che, magari, i problemi prioritari da affrontare per dare un futuro alla città sono altri?