Pellegrini di pace

La parola “Sinodo” significa “strada insieme”: è il segno che i credenti vogliono mettersi in cammino, e desiderano farlo insieme. Questo evento che coinvolgerà 300 vescovi provenienti da tutto il mondo, in Italia sarà preceduto da un movimento che coinvolgerà almeno 30.000 giovani che cammineranno insieme, non solo in modo simbolico, ma molto concretamente. Più di 190 diocesi hanno aderito alla proposta del servizio nazionale di pastorale giovanile di fare un cammino a piedi con i propri giovani, riscoprendo nuovi e antiche vie di pellegrinaggio, proprio perché la nostra sia una Chiesa in cammino. Anche una cinquantina di giovani della nostra diocesi hanno aderito alla proposta di fare un pellegrinaggio a piedi che si svolgerà dal 4 al 9 agosto nell’itinerario da Caporetto ad Aquileia. Anche il vescovo Carlo parteciperà integralmente a questo cammino, accettando le fatiche e le precarietà del pellegrino. Da Aquileia poi si partirà alla volta di Roma per partecipare all’incontro nazionale dei giovani italiani. Dal punto di vista educativo e pedagogico molti sono i motivi per apprezzare questa proposta. Fare un pellegrinaggio significa darsi un meta, darsi un obiettivo: per molti giovani, spaesati e ubriacati dalle possibilità tra cui scegliere, non è facile definire dove andare nella propria vita. Il pellegrino invece ha un desiderio grande nel cuore, raggiungere un posto che sia significativo per la propria vita e per la propria fede. Il pellegrino non gira a casaccio, ma ha un desiderio che orienta tutte le altre facoltà della persona. Per noi la meta del pellegrinaggio da una parte sarà Aquileia, luogo in cui è arrivato per primo il vangelo nella nostra terra, luogo che ci parla dell’unicità di Dio e della bellezza del vangelo, dall’altra parte sarà Roma, dove si trova la tomba dell’apostolo Pietro e dove si trova il successore di Pietro e dove si può fare un’esperienza di Chiesa grande e viva. Il pellegrino è qualcuno che accetta la sfida di partire, di lasciare la proprie certezze, i propri agi, le proprie comodità, la sicurezza della propria casa, contando sull’essenziale che porta con sé e sull’ospitalità di chi incontra. Il pellegrinaggio è sempre esperienza di semplicità, di accoglienza, di lentezza, di tempo per se riflettere. In un mondo dove tutti corrono, dove c’è il sospetto per gli altri, dove si cercano in continuazione garanzie, per i giovani è una grande sfida accettare lo stile del pellegrinaggio. Il pellegrino è qualcuno che cammina, in senso fisico e in senso metaforico. Il tempo del camminare lento, con fatica, senza grosse comodità, è l’occasione per meditare su quello che si fa, fa maturare passo dopo passo, offre occasioni di accompagnamento. I giovani, nonostante alcune delusioni e diffidenze, richiedono la presenza di adulti che possano camminare con loro, accompagnarli, ascoltarli. Il tempo lento del cammino è occasione preziosa per sperimentare l’accompagnamento. Al pellegrino viene richiesta l’umiltà che fa accettare tutto come un dono. Al pellegrino viene chiesto un cuore aperto, senza presunzione, pronto a mettersi in ascolto e pronto ad accogliere. Al pellegrino viene richiesto anche di fare silenzio, dentro e fuori di sé, per mettersi in ascolto. Al pellegrino viene offerta l’occasione per una conversione, per un processo di cambiamento personale, che nessun altro può fare al tuo posto. Al pellegrino viene richiesto di mettersi in gioco. Per tutte queste caratteristiche il pellegrino è anche un uomo di pace. Per i giovani che andranno da Caporetto ad Aquileia, ripercorrendo la linea dei combattimenti che hanno segnato la prima guerra mondiale, a 100 anni dalla sua conclusione, sarà l’occasione per comprendere che cosa significa essere persone di pace oggi.