Lo spirito della Costituente

In queste settimane l’Italia ha dimostrato, sia detto senza retorica, una capacità responsabile di reazione all’epidemia: ha potuto farlo, soprattutto, grazie a quel senso di solidarietà che è insito da sempre nel suo DNA e che (ri)appare prepotente nei momenti di maggiore difficoltà permettendole anche di superare ritardi, lentezze, esitazioni, contraddizioni di chi le decisioni sarebbe chiamato a prenderle. Per costruire il domani è necessaria, però, una classe politica che sappia mettere da parte l’io per ragionare con il noi. Un passo non scontato in un Paese come il nostro in perenne campagna elettorale e dove, per troppi, l’interesse comune deve necessariamente coincidere con il proprio tornaconto personale. “Preghiamo oggi per gli uomini e le donne che hanno vocazione politica: la politica è una forma alta di carità. Per i partiti politici nei diversi Paesi, perché in questo momento di pandemia cerchino insieme il bene del Paese e non il bene del proprio partito” è stata l’esortazione pronunciata lunedì scorso da papa Francesco all’inizio della messa in Santa Marta.A chi sarà dovrà guidare la ricostruzione economica italiana (e gestire le conseguenze sociali che l’attuale crisi si porterà con se nei prossimi anni) suggeriamo, innanzitutto, di riscoprire lo spirito che animò gli uomini e le donne chiamati, alla fine della seconda guerra mondiale, a redigere la Carta Costituzionale. Era un periodo di divisioni ideologiche portate all’esasperazione, con un Paese ancora spaccato dalla guerra civile appena conclusa: eppure da quelle macerie nacque un Documento di altissimo valore qual è la Costituzione e si posero le basi per la rinascita (non solo materiale) dell’Italia e degli Italiani. Per giungere a questi risultati – ed i Padri costituenti lo sapevano bene – era fondamentale la capacità di non fermarsi al contingente ma di guardare oltre, di immaginare un domani che non avrebbe potuto essere l’”ideale” ma che doveva rispondere il più possibile ai sogni ed alle speranze di chi, fuori dai palazzi della Politica, chiedeva di non essere lasciato solo nel costruire il proprio futuro.Molti commentatori in questi giorni ci ripetono che “nulla sarà come prima”: il problema è che lo dicono con nostalgia dimenticando che camminare con lo sguardo rivolto ai passi già compiuti ti porterà, prima o dopo, ad inciampare. Abbiamo bisogno di impegnarci (ciascuno nel proprio ambito) per costruire un futuro senz’altro diverso ma il più possibile migliore prendendo ad insegnamento quanto stiamo vivendo: in nuovi atteggiamenti di salvaguardia del Creato, nella solidarietà verso il prossimo che viene da lontano, in una Sanità pubblica dove i tagli e le chiusure non possono essere la parola d’ordine, in una scuola tecnologicamente al passo coi tempi, in legislazioni di sostegno alle famiglie, nel rilancio dell’Idea europea contro i sovranismi che anche in questa occasione non hanno mancato di invocare l’innalzamento dei muri e la blindatura dei confini, in un federalismo regionale segnato nella sussidiarietà dalla solidarietà e non dall’egoismo,…Una sfida a cui la classe Politica (di maggioranza ed opposizione) è chiamata, dimostrando la propria maturità e mettendo da parte, almeno per una volta,  inutili litigi e inconcludenti discussioni.Utopie? No, piuttosto risultati che, da credenti, sappiamo di poter raggiungere usando del dono della profezia grazie all’aiuto concreto dello Spirito Santo. “La preghiera – ci ha ricordato papa Francesco – è quella che ci apre la porta allo Spirito e ci dà questa libertà, questa franchezza, questo coraggio dello Spirito Santo. Che mai saprai dove ti porterà. Ma è lo Spirito”.