La risposta che manca

Il fenomeno delle migrazioni ha dimensioni tali da rendere necessario un approccio quanto meno su scala europea. E l’Italia fa bene a sollecitare con energia un’azione coordinata da parte della Ue. Ma questo non esime dall’impegno a cercare le soluzioni giuridicamente e umanamente più adeguate a livello nazionale. Purtroppo, invece, anche davanti alla tragedia di Cutro il governo non è stato in grado di esprimere una risposta all’altezza. Che nell’esecutivo siano presenti posizioni differenziate è un elemento interessante dal punto di vista dell’analisi politica, ma poi alla fine contano le decisioni finali e il recente decreto presenta notevoli criticità. La stessa enfasi posta sulla pur sacrosanta lotta contro gli scafisti non è esente da ambiguità. Innanzitutto bisognerebbe avere ben chiaro che coloro che gestiscono l’ultimo tratto di questa vergognosa impresa criminale – i cosiddetti scafisti, appunto – sono solo la punta dell’iceberg di quel traffico di essere umani che andrebbe perseguito risalendo ai responsabili e alle coperture anche di tipo istituzionale. E poi l’accento retoricamente insistito sull’aumento delle pene e sul carattere “universale” del reato sembra tradire per l’ennesima volta l’idea che quello delle migrazioni sia prevalentemente un problema di ordine pubblico e non una questione dalle complesse implicazioni di natura sociale, culturale, economica, politica. Nel decreto si è anche persa l’occasione per intervenire su quella catena di comando nei soccorsi che, al di là dell’accertamento di specifiche responsabilità, non ha drammaticamente funzionato nel caso di Cutro. Anche l’ipotesi di un rafforzato e più strutturale ruolo della marina militare, di cui si è ampiamente parlato a fronte delle bozze alla vigilia del Consiglio dei ministri, non ha trovato posto nel testo definitivo. Intanto, mentre si potenziano i controversi Cpr (Centri di permanenza per i rimpatri), si è deciso di dare una “stretta” a quei permessi di protezione speciale che nella concreta esperienza si sono rivelati uno strumento prezioso per non ricacciare nella clandestinità tanti migranti. Qualcosa di meglio si può sperare dalle norme sui flussi regolari, ma bisognerà vedere che cosa accadrà nel momento dell’attuazione.Adesso si è opportunamente affacciata nel dibattito l’ipotesi di una revisione organica della materia (la legge “madre”, nota come Bossi-Fini, ha ormai più di vent’anni) ma il senso di questa revisione è tutto da valutare. Se si mettono in fila il decreto sulle Ong e quello appena varato, c’è di che essere preoccupati sulla chiave di lettura con cui si pensa di affrontare l’argomento. Tanto più che proprio la tragedia di Cutro ha fatto emergere un profondo disagio del governo di fronte a questi eventi, un disagio che verrebbe quasi da definire ideologico. Il mancato omaggio alle salme delle vittime – con il tentativo obiettivamente maldestro di compensare l’assenza dei primi giorni con la tardiva riunione del Consiglio dei ministri nella località calabrese – resta un’ombra che peserà su tutti i futuri passaggi politici. C’è sempre tempo per rimediare, ma bisogna volerlo.