Capaci di appassionarsi

Ci sono degli studi più pessimisti, mentre altri guardano con più ottimismo il futuro del mondo. Ciascuno cerca di individuare un fattore in base al quale leggere un po’ tutto il vissuto dei giovani. Fra i vari indicatori a cui prestare attenzione io metterei al primo posto la capacità di appassionarsi. A volte si ha l’impressione che nel nostro Occidente i ragazzi vivano senza grosse passioni, un po’ passivi, dando tutto per scontato e per garantito. Ci sono dei giovani che sembrano impermeabile ad ogni passione. Quando però un giovane si appassiona è capace di produrre davvero capolavori, a cominciare dal capolavoro che è la propria vita. Il tema della passione è strettamente legato a quello del senso. Se mi appassiono per qualcosa allora significa che do un senso al mio vivere, do una direzione, riesco a mettere in ordine i frammenti dell’esistenza. Se avessi una bacchetta magica e potessi fare un dono ai giovani mi piacerebbe regalare loro delle passioni grandi, mi piacerebbe poter indicare un senso. La bella notizia della vocazione, il vangelo della vocazione, ci aiuta a comprendere che “non siamo immersi nel caso, né trascinati da una serie di eventi disordinati, ma, al contrario, la nostra vita e la nostra presenza nel mondo sono frutto di una vocazione divina” (dal Messaggio di papa Francesco per la 55° Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni). Annunciare ai giovani che la vita si può interpretare come vocazione, che ha un senso, significa donare loro la possibilità di appassionarsi ed è il dono più grande che possiamo fare loro. Non per nulla il tema del prossimo Sinodo dei Vescovi sarà proprio “I giovani, la fede ed il discernimento vocazionale”, dove con “discernimento vocazionale” non si intende una realtà per specialisti che sono incaricati di reclutare nuovi preti e nuove suore, ma l’atteggiamento di tutti i credenti di leggere la propria vita come risposta ad una chiamata di Dio a dare senso a questo nostro mondo. Perché i giovani possano vivere la vita come vocazione è necessario che tutti i credenti adulti siano in atteggiamento di ascolto e di discernimento e comprendano la propria esistenza come una chiamata del Signore.È necessario che ogni battezzato abbia un cuore capace di ascolto: Dio è un “gentiluomo” che non si impone, ma viene nella nostra storia in modo discreto e silenzioso… per questo è necessario affinare le capacità di ascolto, ascolto della Parola di Dio, ma anche della vita, per imparare a leggere la nostra quotidianità con gli occhi della fede, rimanendo aperti alle sorprese dello Spirito. È necessario che ogni battezzato maturi la consapevolezza che non possono esserci regole che normino ogni momento della vita o che dicano qual è il senso del vivere, ma è importante sviluppare la mentalità del discernimento. Il Signore ci chiama attraverso luoghi, persone, situazioni, bisogni della realtà: se leggiamo dentro a queste realtà scopriremo la sua voce e la missione che egli ci indica, e che ci permette di appassionarsi e di vivere “a colori”. È necessario che i giovani vedano adulti che vivono la propria esistenza come chiamata del Signore. Se è vero che c’è una crisi di vocazioni alla vita consacrata, al ministero presbiterale e missionario, è vero che è ancora più in crisi la vocazione matrimoniale: in proporzione ci sono molte meno vocazioni al matrimonio rispetto alle vocazioni di speciale consacrazione. Per questo ogni coppia di sposi ha il compito di far vedere cosa significa vivere la chiamata al matrimonio e la bellezza dell’essere famiglia. Se viviamo l’ascolto, il discernimento e comprendiamo la vita come chiamata allora annunciamo il vangelo della vocazione. Nella nostra diocesi da quest’anno c’è un segno in più che aiuta a comprendere il vangelo della vocazione, un segno discreto e per certi aspetti nascosto, ma molto importante. La piccola comunità dei seminaristi che vivono l’anno propedeutico a Gorizia, abitando sotto il vescovo, fa il tentativo di mettersi in ascolto del Signore, per essere capaci di discernere e vivere la vita come una chiamata. Questi sette candidati al seminario provengono dalle diocesi di Trieste, Udine e Gorizia e il loro programma formativo prevedere un percorso di studio che prepari alle materie filosofiche e teologiche del seminario, un’introduzione graduale nella vita di preghiera e al discernimento, un’intensa vita fraterna, la conoscenza della realtà ecclesiale. Una parte molto importante del percorso è l’incontro con diversi sacerdoti e famiglie che hanno potuto testimoniare cosa significa per loro vivere la propria vocazione. Da questi incontri emerge sempre che c’è un grande interesse per il cammino vocazionale di questi giovani uomini e si coglie il desiderio che possano scegliere in modo libero, convinto e appassionato di servire il Signore e la Chiesa. Questa attenzione e questo interesse per il cammino vocazionale dovrebbe essere l’atteggiamento degli adulti nei confronti di ogni giovane, chiamato a vivere la propria vita come vocazione.