Un mandato di fedeltà costruttiva

Vivere amando ed aiutando il prossimo, essere sempre pronti a compiere il proprio dovere, rispettare la natura ed impegnarsi a fare questo sul proprio onore e con l’aiuto di Dio” è insieme la promessa e la carta di identità che costituisce e garantisce l’adesione all’Agesci, l’associazione scoutistica italiana e che, nelle scorse settimana a ricordato a Ronchi i settanta anni della sua nascita ed il quarantesimo della ricostruzione (1976-2016). Un ricordo ed una celebrazione all’insegna di due dati fondamentali: la gioia del ritrovarsi – con la presenza di ormai quasi quattro generazioni – e la scoperta continua della vocazione dentro ad un metodo che ha come caratteristiche proprio due elementi che ritornano nel racconto degli aderenti di oggi e di ieri, semplicità del metodo e libertà. Elementi preziosi che racchiudono la gioia del ritrovarsi come si evidenziava nell’anniversario della rinnovazione della promessa (21 marzo), nel fuoco di bivacco e nella messa di ringraziamento conclusa con la condivisione del pranzo.La partecipazione dei primi scouts -quelle della stagione della nascita a Ronchi del movimento scoutistico già presente nel monfalconese nel 1924 e poi soppresso durante il regime fascista- nati nel 1946 a Ronchi a conclusione del conflitto mondiale con l’adesione dei primi ragazzi ed educatori provenienti dall’associazione di Azione cattolica, unica esperienza nel periodo, che aveva offerto da subito educatori e dirigenti per vivere questa nuova esperienza.Il gruppo degli scouts ebbe a Ronchi una decina di anni di vita e di attività, lasciando nei partecipanti una traccia indelebile insieme anche con alcune recriminazioni per non avere sempre trovato nell’ambiente ecclesiale collaborazione e intensità di rapporti: la stagione della ricostruzione – comunque ricca di rapporti e di relazioni durature- poneva non pochi problemi e le situazioni imponevano per certi versi una profondità di formazione per affrontare un futuro complicato dentro ad una società divisa ideologicamente e una convivenza pesante. Alcune giuste richieste, poi, avrebbero trovato risposta solo in tempi futuri.Di quella stagione -come dimostrano numerosi esempi- restano le esistenza di nonni che non solo dichiarano la loro appartenenza ma anche ne custodiscono gelosamente il ricordo e la enfasi con entusiasmo giovanile e con fanciullesca memoria  a dimostrazione della valenza impegnativa della proposta e dell’azione formativa degli educatori. Una stagione che fa dire a loro, come  a tanti, “una volta scouts, sempre scouts” nel desiderio di appunto salvaguardare e testimoniare un prezioso e sempre fresco bagaglio di esperienze e di vita. Una freschezza che si anima nei volti e che si legge negli occhi delle persone, tanto è profonda l’eco nella vita.La storia del movimento ronchese, che emerita ancora qualche altro supplemento di analisi critica, se garantisce della genuinità delle radici, ha trovato nel rilancio della ricostituzione (1976) in un momento in cui -dopo la crisi dello’associazionismo- il gruppo è rinato e oggi può raccogliere un centinaio e più di iscritti, documenta ampiamente la capacità di dirigenti ed educatori di svolgere  con dedizione un mandato di educazione e di testimonianza. La novità dei tempi -come dimostrano le difficoltà dell’unione fra gruppi maschili e femminili che in altre esperienze è stata meno difficile anche per la presenza di altri educatori- ha impegnato la creazione di percorsi formativi alla luce non solo del Concilio, ma anche di quel desiderio di libertà e di vicinanza alla società nelle dimensioni della incarnazione che l’Agesci ritrova e professa apertamente. La “Carta del coraggio” (S.Rossore 2014) potrebbe essere definita con esemplare lucidità, la “carta” atta a vivere questi tempi che sono assolutamente diversi e nuovi come ha dimostrato la tavola rotonda che il gruppo ha promosso con testimoni ed educatori, Pierpaolo Vidali, prof. Gabriella Burba, prof. Buzzolini , coordinati da Maria Scolobig. Una quadro sociologico e, soprattutto, un quadro antropologico ed educativo che deve far rizzare le orecchie a tutti, non solo per mettersi in ascolto dei movimenti della società e dei segni dei tempi ma anche per motivare sempre meglio e di più scelte educative e formative fra le quali la stessa educazione alla fede e alla comunione ecclesiale.I cambiamenti di cui occorre prendere atto ma anche reagire con ferma risoluzione -come ha sottolineato un genitore in sala- impongono scelte e orientamenti che abbiano insieme maggiore capacità di incarnazione e di integrazione. Anche il piano pastorale -per una associazione che si pone dentro al progetto pastorale di una parrocchia o più parrocchie insieme, di una diocesi- propone come ha sottolineato il parroco la capacità di integrazione non solitaria di persone ma comunitaria. La catechesi integrata nel metodo ed il metodo nella promozione di una identità molteplice dell’essere e del vivere, oggi, la fede; una educazione che fa riferimento serio e convinto alla Parola di Dio, ascoltata e letta sulle situazioni; una vita cristiana inserita nella società promovendo stili di vita controcorrente.Progetto che riguarda il futuro e che chiede una più ampia disponibilità ad entrare nel merito delle scelte pastorali della Chiesa; camminarvi accanto non basta più, occorre entrarvi e farne parte. Tutto questo esige cambiamenti ma anche la pazienza e la forza della costanza e della continuità, a Ronchi e in ogni altra comunità secondo una visione veramente cattolica della fede e della testimonianza cristiana. Il passato è sempre garanzia del futuro, quando il presente ha anima e  consistenza, soprattutto tensione verso il domani da costruire insieme. Un grazie sincero e doveroso agli educatori e assistenti di questi settanta anni.