Un 2016 ricco di ombre per il mondo del lavoro

Alla luce di quanto già verificatosi nel 2015, il nuovo anno non sembra promettere nulla di buono ai lavoratori.Nell’isontino abbiamo purtroppo assistito ad una continua riduzione di siti produttivi: la FIAP Carraro a Gorizia, la NAR a Gradisca, la Detroit a Ronchi dei Legionari.L’anno si è chiuso con l’avvio del processo di ristrutturazione della Cartiera Burgo di Duino che non ha comportato alcun licenziamento ma ad un prezzo molto alto per le maestranze tutte, sia in termini occupazionali che in quelli economici. In questo poco edificante scenario del mondo del lavoro, chi ne è legittimato a rappresentarlo, il sindacato, è costantemente bersagliato e delegittimato a svolgere tale compito.Mi riferisco, in particolare, alle difficoltà relative al conseguimento dei rinnovi contrattuali, sia quelli nazionali, sia quelli aziendali.Del resto, il cattivo esempio è dato dal principale datore di lavoro italiano, lo Stato, che non rinnova il contratto ai propri dipendenti da ormai 7 anni e non pensa minimamente a farlo neanche nel 2016.Lo scoglio principale da superare è sempre rappresentato dal costo del lavoro, problema che, benchè sia da anni al centro del dibattito, risulta ancora irrisolvibile, forse perché, a mio avviso, non reale. Gli stipendi dei lavoratori italiani rimangono in assoluto i più bassi dell’Europa.Ed è questo il punto su cui ci si dovrebbe maggiormente soffermare e che dovrebbe far riflettere superando in tal modo l’esclusivo valore ideologico che secondo alcuni rivestono i rinnovi contrattuali “erga omnes “Il riferimento è alla risposta che la Fincantieri da alle OO.SS. in merito alla formulata richiesta di rinnovo del contratto aziendale. Ne nega la validità, preferendo erogare aumenti economici “ad personam”, premiando coloro che la Direzione unilateralmente ritiene meritevoli e che sono fedeli all’azienda.Contro tale discrezionalità, che è stata oggetto di un articolo apparso sul quotidiano “Il Piccolo”, non vi sono state prese di posizione e non è stata rilasciata alcuna dichiarazione sindacale che stigmatizzi tale orientamento.Peccato! Anche perché, così facendo, si da ragione a chi reputa che con il ’900 sono finite non solo le ideologie ma, soprattutto, sono finiti i diritti che, a me sembra, non erano certo aumentati in questo primo scorcio di secolo 21°. I forti vincono, i deboli perdono e ogni mediazione viene ritenuta superflua e superata.Se il post ideologico è solo questo, ritengo che sia importante che le organizzazioni sindacali e politiche, che ancora si richiamano ai valori della persona, ai diritti e ai corrispondenti doveri di ognuno, facciano riflettere i lavoratori.Se questi valori non vengono riconosciuti come centrali nelle rivendicazioni, è facile prevedere molte delusioni anche per coloro che, in assoluta buona fede, ritengono che deve esserci un abisso, in termini economici, non solo fra i lavoratori con differente professionalità ma anche fra i più o meno opportunisti.È importante, infine, ricordare che le imprese, grandi o piccole che siano, la prassi del premio ad personam l’hanno sempre applicata anche in tempi in cui le ideologie rivestivano un ruolo preminente nel mondo del lavoro.