Le “Luci e Ombre della Grande Guerra”

Si è concluso il ciclo di appuntamenti denominato “Luci e Ombre della Grande Guerra” organizzato dalla Pro Loco di Fogliano Redipuglia. L’edizione 2016, che ha visto come sempre la Dolina dei Bersaglieri quale splendida cornice storica per gli spettacoli proposti, ha proposto quattro incontri teatrale molto particolari.In altrettanti giovedì del mese, 7,14, 21 e 28, spettatori provenienti dall’intera regione ma anche da altre parti dell’Europa, fermatisi a Fogliano nel visitare il Friuli, hanno potuto assistere a quelle che sono state le proposte storico-teatrali della locale pro loco.Il primo appuntamento ha visto la compagnia teatrale della “Stropula” presentare Voci di Pace assieme al coro Ermes Grion. E’ seguito “Fuc Amì – Fucilati per esempio”: su testi di Luciano Santin Marzia Postogna, Gualtiero Giorgini e Cristina Santin hanno ricordato tutti i soldati che durante il primo conflitto mondiale subirono la “fucilazione sul posto”, metodo utilizzato molto spesso dalle alte gerarchie del Regio Esercito Italiano per dare un segnale chiaro, forte e tangibile al resto delle truppe sul comportamento da mantenere al fronte. I processati dalla giustizia militare furono oltre 260 mila. Più di 4.000 le condanne a morte, eseguite solo in parte, cui vanno aggiunti alcune centinaia di soldati uccisi senza processo. Manca una stima precisa, ma il totale supera certamente le mille persone. Ignoto, ma dalle testimonianze rilevante, fu il numero dei soldati che in combattimento furono deliberatamente uccisi dalla fucileria o dalla mitraglia italiana. Si usava infatti sparare a chi rimaneva indietro negli assalti, o mostrava di voler arretrare dalle sue posizioni.Nel 1919 un’amnistia cancellò le sentenze. Ma i morti non risorsero, né ebbero alcuna riabilitazione morale. “Ogni soldato deve essere convinto che il superiore ha il sacro potere di passare immediatamente per le armi i recalcitranti e i vigliacchi”, raccomandò Cadorna.”Fuoco amico” intende ricordare. Rendere omaggio alla memoria di questi soldati, nella speranza che vengano considerati anch’essi “caduti per la Patria” e riconsegnati all’abbraccio della Nazione come è già stato fatto in altri Paesi. Una sorta di via crucis laica, che ad ogni statio offre spunti di riflessione, ragionando sulla Grande guerra.La terza serata è stata dedicata a Davanti all’Impossibile (Vor dem Unmöglich, il titolo originale) per la produzione dell’Associazione Culturale Gruppo Area di Ricerca Dobialab. I due attori Paolo Fagiolo e Giulio Morgan hanno restituito le due posizioni degli eserciti che si sono fronteggiati sul fronte dell’Isonzo, uno di parte austriaca e l’altro di parte italiana: ma, infine, al di là delle divise e della lingua, non c’è differenza né nella retorica austriaca né in quella italiana, così come nelle drammatiche parole di un soldato che può appartenere indifferentemente ai due schieramenti. La tragedia dell’Inutile Strage, come fu appellata la Grande Guerra da Papa Benedetto XV, è uguale anche sotto divise diverse.La quarta ed ultima serata, dedicata allo spettacolo “Eros e Thanatos, l’amore ai tempi della guerra”, sempre con il testo di Luciano Santin. Partendo dagli addii all’amore – in realtà degli arrivederci, inconsapevoli della tragedia incombente – “Eros e Thanatos” ragiona sulle forme del sentimento, che emergono ferite o deformate  tra dolore e fatica. Ma l’esperienza del fronte è popolata da altri rapporti, tutti conculcati o sottomessi al dovere di servire la madrepatria: quelli con la moglie o la morosa, con i figli. C’è l’amore fraterno, ci sono i forti vincoli amicali, il cameratismo. Gli amori mercenari e le violenze. Il percorso espositivo procede sul filo di brani triestini, italiani, sloveni, tedeschi, britannici, francesi, russi, scanditi da citazioni letterarie, epistolari e diaristiche, sullo sfondo di immagini d’epoca. “Noi siamo i morti. Pochi giorni fa eravamo vivi, sentivamo l’alba, vedevamo splendere il tramonto, amanti e amati. Ma ora giacciamo sui campi di Fiandra”, è il lamento dei caduti sul fronte occidentale – di che nazionalità poco importa – al quale fa eco, dal Carso, la voce della vedetta morta di Rebora: “Nulla nel mondo redimerà ciò che è perso di noi, i putrefatti di qui”. Solo la pace, anche se non cancellerà l’orrore, né restituirà ciò che la guerra ha strappato, potrà trasformare i campi di battaglia in distese feraci, dove possano germogliare e fiorire i sentimenti positivi.