Fusione sì, fusione no…

Domenica 19 giugno. Referendum consultivo per la fusione dei Comuni. Per Monfalcone, Ronchi dei legionari e Staranzano sarà, comunque vada, una data di grande peso per il futuro. La richiesta di oltre seimila cittadini ha portato la Regione a chiedere alla popolazione dei tre Comuni se è favorevole o no alla proposta di fare un unico Comune. I partiti, in buona parte, non erano pronti ad essere protagonisti in questa proposta ed anzi speravano che l’Associazione CittàComune fallisse l’obiettivo della raccolta delle firme necessarie a chiedere il referendum. L’Associazione, con notevole impegno, ne raccolse più di quante erano necessarie. I partiti politici si sono divisi, alcuni esponendosi, altri nicchiando ed altri rimanendo in attesa degli esiti. Forse qualche presa di posizione in più ci sarà nell’ultima settimana prima della consultazione referendaria. Abbiamo osservato con attenzione le vicende di questo territorio in quest’ultimo anno. Ne abbiamo ricavato l’impressione di un’oggettiva incapacità ad affrontare assieme i problemi che inevitabilmente toccano i cittadini dei tre Comuni. E parliamo di questi tre perchè urbanisticamente si percepiscono come una sola città, anche se si potrebbe guardare all’intero mandamento monfalconese. I temi sono quelli del lavoro, della salute, della casa, dell’istruzione, della sicurezza. Problemi comuni che richiederebbero risposte unitarie, soprattutto per dare prospettive ai giovani. Risposte unitarie che non ci sono, anzi spesso si evidenziano con enfasi le divisioni come fossero medaglie al merito da mettersi sul petto. Abbiamo sentito interventi, letto volantini, messaggi e post sui ’social’. Abbiamo visto fare calcoli da tutte le parti per vedere se la fusione porta o no ad un risparmio di denaro; per capire quanti saranno i dipendenti del nuovo Comune; se cambieranno i nomi delle vie; se i nostri documenti di indentità, la patente ed altro dovranno cambiare. Abbiamo letto clamorose bugie ed esagerazioni, accompagnate talvolta, come spesso succede sui ’social’, da facile ironia o da inconcludenti sberleffi. Chi ha proposto il referendum e chi ha ’sudato’ per la raccolta delle firme ha anche indicato la necessità di ottenere per il territorio un nuovo modello di sviluppo. La facile obiezione di chi preferisce stare come si è in questo momento è: dove sono gli studi che dimostrino che è possibile e vantaggioso?  Noi abbiamo percepito che importanti parti delle amministrazioni locali che governano questo territorio hanno dimostrato in questa occasione, ancora una volta, di non riuscire ad avere un progetto comune. Siamo anche consapevoli che le forme delle nostre istituzioni, e quindi l’avere uno o tre Comuni, non sia la miracolosa soluzione dei problemi. Questi richiedono dedizione, serietà e competenza ai cittadini e in particolare a chi ha chiesto i voti per amministrare il bene pubblico.  Dopo il referendum non saremo a cantare per chi ha vinto o piangere per chi ha perso; saremo a stimolare tutti a rimboccarsi le maniche perchè i problemi di questo territorio sono ancora lì e noi speriamo si possano affrontare assieme per dare un futuro, non solo a coloro che vengono da lontano a lavorare da noi, ma anche alle nostre giovani generazioni.