Aspettando il referendum

La mancanza di risorse e la aumentata necessità di venire incontro a richieste su diversi piani (dalla salute-sanità a servizi sociali, dal superamento della burocrazia paralizzante ai servizi sul territorio), oltre che l’organizzazione del territorio, obbligano ad interrogarsi sulle questioni organizzative della vita delle persone e delle comunità. Un processo che merita di essere assecondato quando – grazie ad uno sforzo di ricerca ed alla rinuncia del tutto e subito e sottocasa – si è capaci di insieme motivare nuovi stili di vita e di convivenza e trovare risposte  per una diversa e più congrua qualità della vita.La mobilità e la possibilità di utilizzare in altro modo le opportunità dell’economia e dello stato sociale, i mutati orizzonti che possono allargare sensibilità e rispondere meglio a bisogni dell’anima insieme a servizi per il vivere civile, sembrano spingere per la messa in comune di servizi e di strumenti da meglio utilizzare e per il bene di tutti. La stessa possibilità sentirsi cittadini del mondo e cittadine europei prima che (o insieme a) cittadini del tale paese, della borgata e del piccolo comune,  modificarono profondamente le scelte delle persone e delle comunità. L’augurio è che l’abbandono di localismi perniciosi, non corrisponda alle richieste di dare vita e forma ad una società ancora più liquida, senza identità e senza riferimenti e, soprattutto, senza legami e relazioni. Monadi perdute in un contesto omogeneizzato e privo di colori.Una bella sfida. Per tutti. Sopratutto per chi crede nella persona e nella comunità e, appunto, crede nelle relazioni. Come non perdere identità e relazioni trasformando, ad esempio, il modello di Comune, di parrocchia per chi crede, di comunità per tutti e, allo stesso tempo, revisionare profondamente modelli superati di assistenzialismo, di rinuncia delle proprie responsabilità, di clericalismo della più bella specie.Una modo di essere cittadini e di essere anche credenti, in un mondo trasformato che chiede a ciascuno di fare la propria parte, abbandonando abitudini al comodo e all’autoriferimento che rischiano di paralizzare la vita comunitaria.La tradizione dei Comuni come li abbiamo conosciuti e (per altri versi delle stesse parrocchie) nasce in altri contesti umani e culturali. Rispondere alle trasformazioni (ed alle necessità) garantendo presenza e servizi all’altezza ma capaci di valorizzare il senso di cittadinanza e di sequela dando vita a nuove strutturazioni sul territorio, è la sfida autentica. Alla quale si accompagna la responsabilità di individuare approdi credibili e strutture realistiche. Non promesse.Il Territorio (dal Timavo all’Isonzo) chiede una risposta omogenea e puntuale, senza prevaricazioni verso nessuno. Da Duino-Aurisina (e le singole piccole comunità) fino a Dolerdò e Jamiano, per passare a S.Canzian, Pieris, Begliano, Turriaco, Fogliano-Redipuglia e Sagrado… con riferimenti anche oltre, la risposta non può che essere unica e unitaria, anche se con modalità diversificate. Far finta che -in sostanza- esiste solo una parte (Monfalcone, Ronchi e Staranzano) che rischia un privilegio, potrebbe risultare una uscita velleitaria; dietro all’utopica proposta elitaria la sua parte, resta solo la presunzione di mettere in campo una forza per umiliare altri e non proposte dense di significato e di valenze anche future. Una zona con tante definite comunità che si riconoscono e collaborano o un centro forte che poi considera tutto il resto periferia e si illude, a sua volta, di poter competere con altre potenze regionali o città metropolitane per il fatto di avere comunque una massa più grande di pressione e di opinione, è una scelta molto discutibile.Gorizia -ad esempio- ha contato fino a quando non ha pensato a sé ma si è pensata in capo ad un territorio la crescita del quale era indispensabile per la propria capacità rappresentativa; mettere insieme alcune debolezze non sempre significa essere più forti. Le soluzioni offerte sembrano già abortite come lo spezzettamento delle provincie nel Friuli Venezia Giulia. Quello che occorreva era una dimensionamento equilibrato di territori e servizi. Ben altro è avvenuto (vedi giustizia e salute) con sproporzioni imposte dal potere dei più forti.La capacità di rappresentazione del futuro che aspetta alle nuove generazioni (e non solo) appare altrettanto decisiva. Soppressi i Comuni… cosa accadrà nel concreto della vita comunitaria; oltre che indicare i servizi occorre offrire una proposta credibile di unità sopra le singole parti, di insieme vivo per le iniziative di tutti. Occorre prevedere garanzie per la vita sociale e per la crescita delle relazioni; offrire spazi e mezzi la gestione del tempo libero oltre al futuro del lavoro per i giovani e le famiglie, la scuola (aperta tutto il giorno) alla vita comunitaria, le associazioni, il volontariato, la casa e la cultura, la formazione, la cura dell’ambiente e altro, senza dimentica gli ultimi, sui quali va misurata una diversa qualità della vita. Il Territorio -per la gestione del quale fra poco dovremo rispondere ad un referendum- chiede questa attenzione e questa misura con la sapienza dei legislatori e dei politici avveduti. Le soluzioni che hanno una proposta seria per questi (e altri) punti caldi possono poi chiedere un voto responsabile. Seguire acriticamente le mode e lasciarsi prendere da approssimazioni di comodo è una scelta populista.

Domenica 19: seggi aperti dalle 7 alle 23 – a cura di Guido Baggi

Domenica 19 giugno dalle 7 alle 23 i seggi elettorali saranno aperti a Monfalcone, Ronchi e Staranzano per una consultazione nella quale i cittadini sono chiamati ad esprimersi sulla proposta di istituire un Comune comprendente i territori dei tre Comuni attuali. Si tratta di 56,2 chilometri quadrati posti tra le pendici carsiche ed il mare; un’area sulla quale vivono complessivamente circa 47 mila abitanti e che è suddivisa in tre Comuni (governata quindi da tre sindaci, 17 assessori e 60 consiglieri). Se al referendum vince il “no” al nuovo Comune, le cose rimangono come sono ora. Se vince il “si”, tutto il territorio sarà governato da un sindaco, una giunta, un consiglio comunale.E’ da tener presente che si tratta di un referendum consultivo, in quanto la legge assegna al Consiglio regionale la competenza di modificare o meno i confini territoriali dei Comuni. Tuttavia il valore del referendum del 19 giugno prossimo rimane altissimo proprio per l’indicazione che il voto dei cittadini darà sulla proposta di istituzione del nuovo Comune. Interessi e valutazioni di cittadini, comitati e partiti politici hanno incominciato ad essere espressi già da quando il Comitato promotore del referendum iniziò la raccolta delle firme nella primavera-estate dello scorso anno.Per la verità non molti pensavano che la raccolta delle firme avesse successo, ma questo è avvenuto in tutti e tre i Comuni ed è per questo che la RegioneFriuli Venezia Giulia ha promosso la consultazione del 19 giugno. In campagna elettorale si usano il ragionamento e l’ironia, ma in fondo i punti discriminanti sembrano essere, da una parte, la convinzione che il nuovo Comune possa rispondere meglio alle esigenze di questo territorio in termini di rilancio della vita sociale ed economica e, dall’altra, che cambiare strada sarebbe una perdita di democrazia, di indentità e di vicinanza dei cittadini al proprio sindaco. Sullo sfondo c’è una tendenza, che coinvolge un po’ tutta l’Europa, a dare agli Enti locali, come i Comuni, dimensioni che siano più adeguate alle esigenze di un mondo che non è più quello di quando le lettere si mandavano a cavallo ed i documenti e le informazioni corrono in tempo reale sui pc, tablet, e altri strumenti oggi nelle mani ormai di quasi tutti.C’è anche un altro problema: le risorse pubbliche a disposizione sono diminuite rispetto al passato ed anche le pubbliche amministrazioni devono fare i conti con questo fatto, cercando di risparmiare e usare al meglio le risorse disponibili per i servizi ai cittadini. La scelta degli abitanti di Monfalcone, Ronchi e Staranzano è una scelta importante e sollecitata da due richiami: una tradizione, un passato ed un presente che vengono rappresentati come rassicuranti per la propria identità e più democratici,  per dire ’No’;  un tener conto delle proprie radici con lo sguardo rivolto in avanti a costruire un futuro migliore per questo territorio, per dire ’Si’. Importante è che il cittadino, al di là delle battute di spirito e dei ragionamenti che si diffondono anche sui ’social’, si faccia una propria idea, cerchi di confrontarsi e poi, il 19 giugno, vada al seggio per depositare nell’urna la sua decisione.