Riforma sanitaria: primo bilancio dopo quattro mesi

A questi tre ospedali di Primo Livello fanno riferimento i “secondari” o “spoke”, che servono un bacino di utenza compreso tra gli 80mila ed i 150mila abitanti. Tra questi anche le strutture ospedaliere di Gorizia e Monfalcone, che fanno capo a quella di Trieste. Il cambiamento che ha fatto maggiormente discutere negli scorsi mesi è quello del Punto Nascite, che chiuso a Gorizia, è passato interamente sotto gestione del “San Polo” di Monfalcone. Mantenute invece alcune peculiarità che, all’interno della riforma, farebbero capo agli ospedali di primo livello. Ma qual è la valutazione su questi primi quattro mesi di riforma da parte di chi rappresenta i cittadini ed il territorio?In questa prima puntata, abbiamo intervistato Silvia Altran, sindaco di Monfalcone, e Silvana Romano, assessore alle Politiche Sociosanitarie del Comune di Gorizia, su questa tematica e ci hanno illustrato pareri a favore ma anche preoccupazioni legate ai cambiamenti in atto, tanto sul territorio quanto sui servizi alla cittadinanza.

Silvana Romano – Assessore alle Politiche Sociosanitarie, Comune di Gorizia

Assessore Romano, cosa comporta sul territorio la riforma sanitaria in atto da gennaio.Comporta circa 20 milioni di euro in meno, il che significa fare dei tagli: abbiamo visto però che alcune cose possono essere razionalizzate ricalibrando e sistemando il bilancio. Il direttore generale dell’Aas2, Pilatti, ha affermato che è necessario chiudere un Punto Nascita nell’ex Azienda 5 (quella della Bassa Friulana, unita ora a quella Isontina. n.d.r.) ed una cardiologia nell’ex Azienda 2 ma anche che bisogna integrare le quattro chirurgie nei quattro plessi ospedalieri. Perdite di posti lavoro non ce ne saranno, perché il personale verrà dirottato da un ospedale all’altro: chiudere non vuol dire non dare servizi; se prima davo servizio su due ospedali, ora devo concentrare tutto in uno soltanto. Il problema anzi è una carenza di personale, visto che sono da anni che non si fanno assunzioni.

Nello specifico, cosa chiedete per l’isontino?Come politici quello che chiediamo è che venga dato maggior supporto al territorio ma non venga tolto ciò che dà una risposta ai cittadini nell’ospedaliero. È chiaro che, avendo su 30 chilometri due ospedali, non possiamo avere dei doppioni, quindi è comprensibile questo ragionamento. Se lo faccio io, che sono parte dell’opposizione regionale, e dico “mi sta bene una razionalizzazione, perché io voglio che venga data una buona risposta ai miei cittadini e al territorio”, lo potrebbero fare molti. Personalmente ritengo si debba andare contro le ideologie politiche; con tematiche, che riguardano i servizi e la salute dei cittadini, non ci devono essere inutili partitismi ma bisogna guardare al territorio e alle prestazioni che diamo alle nostre persone.Non voglio però che venga tolto tutto a Gorizia: ha già dato il Punto Nascita, non deve perdere – ad esempio – la Cardiologia. Gorizia è stata la prima a perdere un reparto, ancora prima del Piano Sociosanitario, quindi direi che è abbastanza. Per la Chirurgia, da distribuire sui quattro ospedali, andremo a discutere la distribuzione delle specificità.

Riguardo la disponibilità sul territorio, con la chiusura del Punto Nascita c’è forse la necessità di un servizio a domicilio?È già attivo un Percorso Nascita, le donne sono seguite. Ciò che invece abbiamo chiesto a viva voce è un servizio da mettere in atto dopo la nascita del bambino. L’ambulatorio pediatrico non può essere attivo solo 8 ore, ma almeno 12 ore al giorno. Quando una mamma ha un problema con il suo bambino, non deve essere costretta a fare 30 chilometri. Questa è una risposta che noi vogliamo avere dall’Aas, poiché ci è stato detto – quando è stato chiuso il Punto Nascita – che gli ambulatori sarebbero stati lasciati: il primo intervento dell’ambulatorio pediatrico deve poter essere fatto sempre a Gorizia.Collegandomi a ciò, vedo un ulteriore problema, piuttosto pesante, che riguarda il sistema del trasporto. La provincia isontina non è molto ben coperta; poniamo il caso che un bambino vada di notte al Pronto Soccorso goriziano e non sia possibile prestargli le cure sul luogo, deve essere portato da un’altra parte. Non sempre il genitore, in quei momenti, è in grado di farlo – emotivamente e materialmente -. Bisogna studiare quindi un sistema di trasporto dei pazienti. E questo anche per quanto riguarda le terapie.

Silvia Altran – Sindaco, Comune di Monfalcone

Sindaco Altran, con l’attuale sistema della riforma sanitaria regionale, gli ospedali di Gorizia e Monfalcone verranno subordinati a quello di Trieste. Per una struttura ospedaliera che copre un territorio vasto come quello monfalconese, cosa significa perdere la sua “indipendenza”? L’ospedale di Monfalcone non perderà la sua “indipendenza”’, semplicemente sarà riorganizzato secondo una struttura più funzionale. Le funzioni di maggior specializzazione, come già avviene peraltro da parecchi anni, saranno appannaggio degli ospedali di Udine e Trieste. Quello che ci interessa è che l’assistenza che viene erogata ai cittadini sia di qualità e che le funzioni di emergenza e più direttamente riferite al territorio vengano mantenute.

Con questa riforma c’è qualche modifica che vi crea preoccupazione per il futuro della struttura?Come dicevo prima, la preoccupazione è che i servizi che richiedono il pronto intervento e dei servizi a tutela della sicurezza dei pazienti vengano garantiti. Un esempio è quello della Cardiologia: un ordine del giorno elaborato dal consiglio comunale richiede la presenza di un cardiologo in guardia attiva per almeno 12 ore nel caso in cui ci sia una riorganizzazione del servizio su entrambe le sedi ospedaliere. Questo per dimostrare che il territorio è vigile, e non lascerà passare nessuna riduzione dello standard di qualità. E questo vale anche per le altre situazioni.

Come sarà possibile mantenere attive le eccellenze raggiunte nel corso di questi decenni, che rischiano di non trovare un adeguato finanziamento perché non inserite in un ospedale di Primo Livello?Sicuramente vigileremo su una ripartizione equa delle risorse economiche. Più volte, sia da parte di tutti i sindaci del mandamento, sia dalla Commissione comunale Sanità, è stato ribadito che non conta solo l’aspetto demografico in relazione al territorio regionale: siamo di fronte a una popolazione con specifiche caratteristiche, con la presenza del cantiere navale e dell’industrializzazione, e fungiamo da riferimento anche per la vicina Grado, che durante la stagione estiva aumenta notevolmente gli afflussi con l’arrivo dei turisti. Per quanto riguarda la nostra area, quindi, si deve tener conto di una valutazione oggettiva delle necessità del territorio.

La questione delle nascite: con la chiusura del reparto goriziano, sicuramente il carico di lavoro su quello monfalconese è maggiore…È vero che il carico di lavoro a Monfalcone è cresciuto, ma non in modo da mettere di difficoltà il reparto, che gode di ottime professionalità, che sono aumentate con l’arrivo dei medici prima impiegati nella struttura goriziana. Ci auguriamo che a breve giunga il nuovo primario del reparto. Direttive nazionali e studi dimostrano come un numero più elevato di parti permette una migliore funzionalità, e quindi più sicurezza per le mamme e i bambini. In ogni caso noi siamo sempre stati e saremo sempre attivi per il potenziamento del nostro reparto, pretendendo garanzie che il servizio di assistenza pre e post parto sia assicurato su tutto il territorio afferente al nostro ospedale.