Quella statua arrivata da Pola…

La devozione alla Madonna come protettrice degli uomini ha origini molto antiche e si trova già nella più datata preghiera mariana, l’antifona “sub tuum praesidium” del terzo secolo, con la quale gli uomini cercano rifugio sotto la protezione della Vergine. Successivamente nel nono secolo comparve la preghiera Salve Regina, nella quale per la prima volta si chiama la madre di Gesù con il titolo di Madre di Misericordia, avvocata e intercessore di chi la prega. La venerazione alla Madonna con questo titolo iniziò però verso il 1230, dopo la visione di Cesario di Heisterbach, un monaco cistercense che, secondo il racconto tramandato, fu portato in paradiso e vide la Vergine che gli disse di amare moltissimo i frati cistercensi e di proteggerli sempre sotto il suo manto. La visione proseguì con l’apertura del mantello da parte della Madonna, dal quale uscirono una moltitudine beata di religiosi e novizi di quell’ordine. In seguito alla divulgazione di questa visione gli artisti di ogni tempo presero spunto per rappresentare la Vergine avvolta da un grande manto con il quale protegge il mondo intero. Nel territorio istriano da secoli è particolarmente diffusa la devozione a Maria Madre di Misericordia, tanto che le sue raffigurazioni sono presenti in numerose chiese e santuari: a San Martino di Vermo, vicino a Pisino si può vedere un affresco murario risalente al 1474, dello stesso periodo è l’affresco nella chiesa di San Giacomo a Barbana, mentre del 1595 è la pala d’altare della chiesa di San Biagio a Dignano, attribuita a Giovanni Battista Alberti, per citarne alcune.Il principale luogo di devozione alla Madonna della Misericordia in Istria è però l’omonimo santuario a lei dedicato a Pola, a seguito dell’apparizione avvenuta in quel luogo nel 1338. La chiesa, eretta dagli agostiniani ed ampliata nel 1447 sorge in piazza Alighieri, che un tempo si chiamava piazza della Misericordia, e sul portale reca proprio il bassorilievo raffigurante la Vergine con un medaglione che riproduce il volto di Gesù, che sotto il grande mantello rosso protegge tutti i suoi fedeli. Da quasi settecento anni la nobile città istriana invoca la madonna come protettrice con questo titolo e la sua venerazione è particolarmente legata all’epidemia della peste dalla quale la città scampò diverse volte. Diverse fonti menzionano anche una lacrimazione della statua nel cinquecento, che tuttavia non venne mai provata e ufficializzata. All’interno del santuario fino al 1947 erano presenti due simulacri in legno raffiguranti la Vergine, uno stabile e uno di dimensioni più ridotte, utilizzato esclusivamente per l’annuale processione cittadina. Proprio nell’anno del trattato di Londra e dell’esodo della popolazione giuliano-dalmata, quella piccola statua, tanto cara ai cuori dei polesani, venne portata via dal santuario dal sacrestano Giulio Rella e iniziò un vero e proprio pellegrinaggio: assieme ai suoi fedeli fu portata nei vari campi profughi che in Italia furono istituiti: Udine, Torino, Milano ed altri. Ma come si intreccia la storia di questa statua con quella della Campagnuzza? Poichè a Gorizia erano arrivate svariate centinaia di profughi, si decise di dare loro una sistemazione costruendo nella parte sud della città – nella zona rurale detta appunto Campagnuzza – quello che poi verrà chiamato “Villaggio dell’Esule”  riaprendo in quel villaggio anche il convitto per ragazzi “F.Filzi”, di Pisino. Mons. Margotti, Principe Arcivescovo, decise di affidare quei ragazzi alla cura pastorale di un sacerdote esule anch’esso, don Luciano Manzin, che notando la mancanza di una guida spirituale di rilievo per i nuovi abitanti del villaggio chiese all’Arcivescovo di potersi occupare personalmente di loro. Don Luciano era originario di Albona d’Istria, ma in quel santuario della Madonna della Misericordia fu cappellano; quando la famiglia custode della statua venne a sapere di ciò, si adoperò affinché il simulacro potesse arrivare proprio a Gorizia. Don Luciano non perse tempo e iniziò a restaurare una struttura in stato di abbandono accanto al “Filzi” per dotare gli esuli di un luogo di culto, seppur provvisorio, e propose di dedicarlo proprio alla Madonna della Misericordia. La chiesetta venne inaugurata il 29 aprile 1951 da mons. Giusto Soranzo e la statua fu posta sull’altare maggiore. Venne eretto anche un piccolo campanile alto circa quattro metri sul quale fu posta una campana dedicata proprio alla Vergine, fusa dalla ditta “Broili” di Udine e donata dal Capitolo Metropolitano. Fin da subito e per svariati decenni il mese mariano ha costituito uno dei più importanti periodi per la gente del Villaggio, con la recita quotidiana del Rosario serale, spesso itinerante, e la solenne conclusione del Mese con la grande processione lungo le vie del quartiere fissata da sempre per il 31 maggio, festa della Visitazione di Maria. La prima di cui le cronache rendono ragione è quella del 1953, presieduta da don Luigi Ristits, mentre per quanto riguarda il 1954 le cronache raccontano: “Solenne chiusa del mese di maggio predicata da don Manzin. Processione con il simulacro della Vergine per le vie illuminate del Villaggio. Officiante mons Fain, canonico teologo della Metropolitana di Gorizia” .Alla processione di Maggio venne aggiunta anche quella “piccola” della seconda domenica di ottobre e  per entrambe la novena e la supplica a Maria Madre della Misericordia, per “affidare fiduciosi la nostra Parrocchia e l’umanità intera, con i suoi timori e le sue speranze” alla Madre del Redentore. Da sempre però don Luciano aveva il desiderio di costruire nel villaggio un grande santuario, dedicato proprio alla Madonna che tanto amava, e non perse tempo: già poco tempo dopo l’inaugurazione della cappellina fece sì che il comune donasse un terreno nel villaggio alla Principesca Mensa Arcivescovile per la costruzione della nuova chiesa. La proposta fu approvata dall’Arcivescovo Ambrosi che per incoraggiare il giovane sacerdote il 20 giugno 1954 firmò il decreto dell’erezione della Parrocchia “Beatae Mariae Virginis Matris Misericordiae – vulgo dicta- Madonna della Misericordia in Campagnuzza”.Grazie alla raccolta fondi della commissione per l’erezione della chiesa e all’interessamento del sindaco Bernardis e di don Luigi Ristits, direttore dell’ufficio amministrativo della curia, fu possibile iniziare i lavori, e la prima pietra venne solennemente benedetta dall’Arcivescovo Ambrosi il 19 aprile 1954. La chiesa, progettata dall’architetto Malni e costruita dalla ditta Comolli fu aperta al culto il 22 dicembre 1959 e solennemente consacrata nelle giornate del 5 e 6 agosto 1961. Oltre all’altare maggiore vennero consacrati anche due altari laterali simbolo della devozione popolare della gente istriana: quello di destra venne dedicato ai martiri Eufemia e Biagio e contiene da quel giorno lontano le terre dei cimiteri istriani, mentre quello di sinistra venne dedicato a Maria Madre della Misericordia, e sopra l’altare venne posizionata la statua, raffigurante Maria incoronata,  in bianche vesti avvolta da un manto azzurro, posta sopra il mondo, come protettrice. La nicchia dell’altare fu successivamente decorata con un lastricato con sopra incisi i nomi dei benefattori, sopra il quale campeggiano le parole del Salve Regina. “La Madonna della misericordia protettrice della città accanto a quella del Monte Santo” titolarono i giornali all’indomani della consacrazione, a significare quel legame che già si era stabilito fra i cittadini goriziani e gli esuli che con generosità avevano accolto. E da quel giorno la statua che per secoli girò per le vie di Pola diveniva ufficialmente patrona della comunità di Campagnuzza, non solo dei Giuliano – Dalmati ma di tutti gli abitanti che negli anni hanno popolato la parrocchia e che hanno saputo affidarsi a Lei. Certo il legno di quella statua era testimone di molte peripezie e aveva su di sé alcuni segni del lungo viaggio e della peregrinazione attraverso i campi profughi: per questo negli anni novanta per volontà del parroco di allora, don Arnaldo Greco, è stata restaurata dagli artigiani del legno di Ortisei, che l’hanno riportata all’antico splendore e hanno rinvigorito i colori ormai spenti. Nella piazza Fiume, idealmente centro del primo nucleo del villaggio è stato  posto successivamente un capitello con un bassorilievo bronzeo raffigurante la madonna che guarda e protegge tutto il villaggio, a perenne testimonianza del legame fra quell’”Istria Nobilissima” che donò alla Parrocchia l’immagine della sua patrona.