Quel legame con la “Madonute da muinis”

Con una solenne concelebrazione, presieduta dall’arcivescovo Carlo Maria Redaelli, si è concluso l’Ottavario di Rosa Mistica che ha visto per una settimana la partecipazione di molti fedeli provenienti dalla parrocchia del circondario. Una tradizione che si richiama ai fatti prodigiosi accaduti nel gennaio del 1737 e che negli anni non ha perso il suo significato e ha ribadito come i cormonesi, ma non solo loro, siano profondamente legati a Rosa Mistica, la “Madonute da muinis” che veglia su di loro da oltre tre secoli. Una venerazione ripresa dalle Suore della Provvidenza ancora oggi custodi della Madonna che dalla sua incoronazione fa bella mostra sopra l’altare maggiore della chiesa dedicata a Santa Caterina.L’arcivescovo, all’omelia, richiamandosi al vangelo di Matteo e al profeta Isaia, ha messo in evidenza il tema della luce in contrasto con quella del buio: i timori e la paura che quest’ultimo suscita, fin da quando si è bambino vengono vinti dalla luce, da una luce che non si spegne mai ed è la luce di Cristo. “Lui ci assicura – ha sottolineato il vescovo –  che siamo amati dal Padre, che siamo figli, che non verremo cancellati me inghiottiti dal buio della morte per il nostro destino e la vita e non la morte”.   Richiamandosi poi a un altro tema presente nelle letture della domenica, la conversione, monsignor Redaelli ha affermato che “se il regno è la luce, convertirsi  al regno e allora convertirsi alla luce, aprirci alla luce che è Cristo” sottolineando ancora “possiamo lasciarci chiamare da Gesù e metterci dietro a Lui come hanno fatto gli apostoli, come Maria che nell’annunciazione ai affida alla parola che le è stata detta anche senza capire tutto senza sapere quale sia la nostra precisa vocazione, ma sapendo che Lui ci ama. La conversione al Regno, allora non è altro che convertirci alla luce di Gesù, fidarsi di Lui.