Quel filo che unisce don Checcho e don Pino

Cento anni fa, il 9 settembre 1919, nasceva a Villesse monsignor Giuseppe Trevisan. Un’infanzia la sua dettata da una parte  dalla povertà di una famiglia che non sempre riusciva a mettere insieme il pranzo e la cena, “una povertà biblica” l’ha definita Ferruccio Tassin; dall’altra vissuta sotto l’ala protettrice del parroco don Francesco “Checco” Panzera, un cormonese che giunse a Villesse nel 1920 all’indomani di una guerra che aveva lasciato strascichi pesanti nel paese dove sanguinava ancora la ferita provocata dalla vicenda dei “fassinars”, con sei civili fucilati  dagli italiani nei primi giorni del conflitto. Anche la famiglia di Trevisan aveva patito dolorosamente quelle giornate e don Pino ricorderà sempre quei fatti tramandati dai suoi familiari rimanendo in lui quel popolarismo austriaco che in tutto il paese continuò ad avere salde radici. Nella miseria vissuta con dignità di quegli anni, il piccolo Giuseppe trovò pane e companatico nell’abitazione del parroco. Pane per togliersi un po’di fame mentre il companatico era quella spiritualità che don Panzera sapeva trasmettere ai suoi fedeli e in particolare ai giovani. Animò il paese  appoggiando tutte quelle iniziative sociali che potevano sollevare anche economicamente il paese, diede impulso alle attività parrocchiali con un occhio di riguardo per i giovani e in quegli anni difficili – dopo la guerra arrivò il fascismo – seppe far crescere le vocazioni. E la strada del seminario a 12 anni fu intrapresa anche  dal ragazzo Pino.E qui non si può non sottolineare quel filo storico che legò, tramite don Panzera e don Pino, Villesse con Cormons. Il cormonese don Panzera visse i suoi anni di intensa pastorale a Villesse, a cui fu legato fino alla morte tanto da voler morire ed essere sepolto a Villesse; fu la prima e importante guida spirituale di don Pino che si trovò a metà degli anni Cinquanta, e non per sua volontà, a guidare la parrocchia nativa di don Panzera.E lo fece per mezzo secolo legandosi anche affettivamente alla cittadina collinare tanto da chiedere di riposare per sempre all’ombra del Collio. Due uomini, due sacerdoti  legati alla loro terra, alle loro radici friulane. Tra Villesse e Cormons c’è anche Capriva, paese rimasto molto  caro a don Pino che svolse per quasi dieci anni il suo ministero sacerdotale, come ha ricordato la scorsa settimana su queste pagina don Maurizio Qualizza. Capriva renderà omaggio a don Pino Trevisan lunedì 9 settembre nella messa serale delle 18.30. La comunità parrocchiale di Cormons farà memoria di questo anniversario nelle messe della giornata, ma rinvierà il ricordo  del centenario della nascita di “monsignore” a novembre, come ha fatto dal 2007 in poi nella ricorrenza della sua morte. Dodici anni sono passati ma il ricordo è ancora vivo e presente. Se non altro in quel centro pastorale (ricreatorio), che lui volle ampliare e rendere più funzionale  e che oggi porta il suo nome. A imperituro ricordo.A Cormons mons. Trevisan visse  la gran parte di vita pastorale guidando una parrocchia dalle mille sfaccettature e in un periodo non facile per i cambiamenti non solo sociali ma anche in chiave ecclesiale portati dal Concilio. Seppe con intelligenza vivere quei tempi coadiuvato dai vari cappellani che si sono succeduti durante il suo mandato di parroco. E pensare che, in quel dicembre 1954 quando l’arcivescovo Ambrosi lo nominò parroco a Cormons, Trevisan se avesse potuto avrebbe evitato quel trasferimento e sarebbe rimasto volentieri a Capriva dove si era ben radicato e benvoluto.Dovette accettare e giunse a Cormons non accolto con trionfalismo dovuto: certo, quel 23 aprile 1955 c’era molto gente in Duomo ma non pochi nel centro collinare, alla rinuncia di  mons Magrini avrebbero gradito il ritorno di don Rino Cocolin, che era ed è ancora rimasto nel cuore dei cormonesi. E questo è un po’ pesato a Trevisan che con Cocolin non ha mai avuto un grande feeling neppure quando don Rino è stato nominato vescovo: due caratteri  diversi, due diversi modi di vedere l’azione pastorale.Ciò non toglie che Trevisan abbia lasciato una grande impronta  nella vita parrocchiale  cormonese proprio perché ha saputo leggere i segni dei tempi che cambiavano e viverli con la saggezza che con gli anni era cresciuta smusando quelle angolosità del carattere che non gli erano mancate.