Da 75 anni il duomo di Cormons è sede arcipretale

Ricorre quest’anno il 75.mo anniversario dell’elevazione ad arcipretale della chiesa di Sant’Adalberto. Il decreto pontificio infatti porta la data del 2 giugno 1941. Con questo decreto il parroco di Cormons, durante il suo mandato, si fregia del titolo il titolo di arciprete e di Prelato d’onore di Sua santità. Si tratta ancora oggi di una nomina “ad sedem” cioè il titolo di monsignore è legato non alla persona del parroco ma alla sua sede e decade in caso di trasferimento.Si tratta, soprattutto visto nei giorni nostri e nell’ottica del pontificato di papa Francesco di un titolo onorifico, dettato però dalla ricca e lunga storia della parrocchia cormonese. La tradizione ecclesiastica, riportata anche da pre’ Tite Falzari in “Chiese di Cormons”, indica che già nella metà del secolo V esisteva una “stazione curata”, quindi di una delle più antiche della diocesi. E che fosse importante lo si deduce anche dal fatto che dal 628 e fino al 737 risiedettero a Cormons sette patriarchi di Aquileia: Fortunato, Felice, Giovanni II, Giovanni III, Pietro I, Sereno e Callisto. Fu quest’ultimo che decise di trasferirsi a Cividale, dove risiedeva il Duca del Friuli e vi dimorava la nobiltà longobarda. A Cormons, per decisione patriarcale, la cura d’anima venne affidata a un vicario che la esercitava in loro nome. Fino al 1828 i vicari venivano eletti dalla Comunità attraverso il Consiglio dei dodici (una sorta di Consiglio comunale ante litteram) che si riuniva nella Loggia che si trovava nell’attuale piazza 24 Maggio.  La nomina veniva poi confermata dal patriarca e il vicario, che si avvaleva di uno o due cooperatori, era canonicamente istituito in modo inamovibile. Un parroco nominalmente c’era fin dal 1300 (il primo che si conosce era un certo don Domenico), ma non era obbligato a risiedere a Cormons. Veniva nominato di fatto dall’Imperatore e otteneva da una Bolla pontificia il semplice beneficio. I pievani erano spesso cappellani personali dell’imperatore oppure ricoprivano altri incarichi per cui non risiedevano mai a Cormons. Qualcuno si faceva vedere nel momento del possesso, altri nemmeno in quello, ma c’è anche da dire che nobiltà, vicario e il Consiglio dei dodici erano contrari che il parroco esercitasse il suo mandato come accadde a don Pietro Ragno, pievano dal 1592 al 1608, che tentò invano di insediarsi. Fu costretto a risiedere a Mariano finché non divenne arcidiacono patriarcale.Il vicario aveva tutti i doveri e tutti i diritti di un parroco; disponeva di un cappellano per aiuto visto che la cura d’anime si estendeva fino a Borgnano e Villaorba. Secondo quanto scritto da pre’ Tite Falzari il vicario “aveva una paga di 17 stari di frumento, due alberi da frutto e 20 conzi di vino, un campo e otto ducati per gli anniversari. Suo dovere era celebrare le Messe tutte le domeniche e le feste di precetto nella parrocchiale”.Solo nel 1734 il parroco barone Francesco Saverio de’ Terzi poté stabilire la sua dimora a Cormons ed esercitare la sua missione pastorale. Il vicario continuava comunque e essere eletto dalla comunità e lo fu fino al 1828 quando questo privilegio venne soppresso dall’arcivescovo che con un decreto si arrogò la nomina. Il vicario quindi venne declassato a rango di primo cooperatore.Nel Settecento alla pieve di Cormons appartenevano cinque filiali e precisamente Capriva, Corona, Mariano, Medea e Moraro. Queste avevano l’obbligo di partecipare nella chiesa matrice di Sant’Adalberto alle funzioni del Sabato Santo ed alla processione del Corpus Domini e ricevevano gratuitamente dalla pieve ogni anno l’olio santo. Tradizioni che via via vennero meno con l’erezione delle filiali a parrocchia iniziando da quella di Medea nel 1787 seguita poi da Capriva (1854), Moraro (1862) e quindi Mariano (1863). Mentre Brazzano era parrocchia fin dal 983, Borgnano lo divenne solamente nel 1936. Nel 1766 l’arcivescovo Attems l’aveva elevata a curazia assegnando un vicario. In precedenza dipendeva direttamente da Cormons che inviava per il servizio pastorale un cappellano.