Terzo e San Martino nella Grande Guerra

Non qualcosa di staccato dalla vita. Difatti, con esse (belle esteticamente, e alcune interessanti quali documenti) ha raccontato di come Terzo sia passata all’Italia per mezzo di una guerra, che, nella nostra Bassa, pochi si aspettavano, anche se molti temevano.In guerra, la nostra gente c’era già, quando l’Italia si è aggiunta a quell’autentico scannatoio di popoli, innescato dall’imperialismo austriaco nei Balcani. Aleardo ti racconta, intelligentemente, senza tirarla per le lunghe, come è andata la grande storia, poi, con una “lente di ingrandimento”, indaga sulle vicende paesane; sicché ha prodotto un libro sinteticamente completo e adoperabile nelle scuole e nelle famiglie di Terzo – e non solo – con un giusto equilibrio fra scritte, immagini e citazioni. Lo ha assistito in questa avventura piacevole (per il lavoro, non per l’argomento centrale) l’amico di sempre in simili evenienze, il rudese “Gigi” Gratton. A Terzo e San Martino erano in cura d’anime don Antonio Donda e don Giovanni Pastoricchio, fra i non molti preti della Bassa a salvarsi dalla italica deportazione. Soldati locali 420; una cinquantina non fece ritorno: morti combattendo (Serbia, Galizia…) per la patria, l’Austria. Sull’occupazione di Terzo, Buiatti ha documenti di prima mano, in particolare un articolo del “Secolo”, del cap. dell’XI Battaglione di bersaglieri ciclisti, Paride Razzini e una sua lunga lettera dove scrive: “La mattina del 24 maggio, alle ore 6.30, il mio battaglione si è deciso a passare l’Aussa, su barche, sotto Cervignano, alle 8 circa eravamo in marcia verso Murucis; alle 9.30 ci siamo impossessati di Terzo…”. Nei paesi del Comune sostarono, per periodi più o meno lunghi, intere divisioni. Un bel capitolo, ricco di testimonianze dirette, riguarda la posta militare, unico mezzo di contatto dei soldati con le famiglie e mezzo potente di propaganda. Non mancano notizie sui tre ospedali da campo, sulle ferrovie Decauville (a scartamento ridotto); sulla sosta in loco di intere divisioni; sull’insediamento in un luogo appartato, per sicurezza, del distaccamento dei vigili del fuoco militari. Il motivo era un elemento assai particolare nell’economia di guerra: il laboratorio pirotecnico della III Armata, per il recupero dei materiali dai proiettili inesplosi.Ma c’è tanto altro nel libro: carte, mappe, foto, cartoline e, all’interno, la pietas di Aleardo Buiatti, che accomuna ogni essere umano, oltre il combattente: parenti in attesa; spirito della corrispondenza di guerra; implicazioni economiche volte alla sopravvivenza; la solidarietà che fece entrare fra le crocerossine anche una giovane del luogo: Alice de Posarelli. Compito massacrante, il loro: ognuna doveva assistere una cinquantina di ammalati!Si analizzano altri dati interessanti come la presenza di fotografi di rango nel Cervignanese, quale A. Diem, e via via la fine della guerra; le mutazioni politiche, statuali. Si narra la vicenda del Milite Ignoto (ottimo il corredo fotografico): con il treno che lo portava a Roma, fece la prima sosta, solenne, patetica, e triste, alla stazione ferroviaria di Terzo.Termina, Aleardo Buiatti la sua fatica, densa di pathos e ricchissima di immagini, con non poche pagine dedicate ai morti, vittime della guerra (le altre vittime, ancora vive, si intuiscono ampiamente) e al cimitero monumentale di Redipuglia, nel suo divenire, fino allo stato attuale e alla visita di Papa Francesco.Mai gridato, il testo del libro si integra con immagini parlanti, in un pacato – ma inequivocabile- monito contro ogni guerra.