Don Edoardo Gasperini, 71 anni di percorsi sacerdotali

Una calda domenica di sole ha fatto da cornice ai festeggiamenti per il 71esimo anniversario di sacerdozio di don Edoardo Gasperini a Fossalon di Grado domenica scorsa. Don Edoardo, uno dei sacerdoti più longevi della nostra diocesi, ha ricordato questa lieta ricorrenza celebrando con don Nadir Pigato la Santa Messa nella chiesa di San Marco Evangelista.Nato nel 1920 a Capodistria da poco ricongiunta all’Italia, qui crebbe e frequentò il seminario interdiocesano. Mentre il secondo conflitto mondiale in pieno atto proiettava già i suoi cupi presagi su quelle terre di confine, fu destinato a Pola dove nella locale Associazione Giovanile Cattolica cominciò quella esperienza di educatore che ha poi virtuosamente proseguito per tutti gli anni a venire.Quando nel luglio del 1944 i bombardamenti aerei costrinsero la popolazione allo sfollamento, don Edoardo riparò ad Aiello del Friuli. Il 31 marzo dell’anno successivo fu ordinato diacono dall’allora arcivescovo di Gorizia, mons. Carlo Margotti. Neanche due mesi dopo, il 19 maggio 1945, l’ordinazione sacerdotale a Udine.Rientrato a Pola, fu testimone degli ultimi aneliti di una città interamente italiana. In prima linea assieme a tutto il clero istriano nel prodigarsi a favore della popolazione, visse la stagione delle paure, delle violenze, delle vane speranze ed infine dello straziante addio.Nel 1947 attraversò per due volte l’Adriatico da Pola diretto verso la madrepatria. La seconda assieme ad una quarantina di ragazzi che il vescovo mons. Raffaele Radossi gli affidò raccogliendo caritatevolmente le suppliche di molte famiglie che la famigerata “linea Morgan” costrinse nella zona B di occupazione jugoslava. Trovò accoglienza a Oderzo dove Monsignor Domenico Visintin concesse alcuni locali della parrocchia per il suo nascente Collegio Giuliano.Con pochi mezzi, ma con tanto coraggio e determinazione si prese cura dei suoi giovani esuli: garantì loro la migliore formazione scolastica possibile e cercò di alleviarne le pene, dovute alla lontananza da casa e dai familiari, coinvolgendoli di continuo nelle molte attività ricreative e negli immancabili campeggi estivi.Per le numerose domande di ammissione, nel volgere di pochi anni il Collegio crebbe di dimensioni costringendo don Edoardo a cercare una sistemazione più spaziosa ed adeguata. La trovò nel 1951 a villa Giol nella vicina Gorgo al Monticano. Qui per una decina di anni, fino all’inizio del 1959, il suo “Collegio Ragazzi Giuliani” arrivò ad ospitare anche fino a più di 60 convittori, provenienti da ogni angolo dell’Istria, e non solo. Trovarono accoglienza per diverso tempo anche i piccoli sfollati dell’alluvione del Polesine del 1951 ed alcuni minori provenienti da famiglie del territorio. Portata a termine la sua missione e chiusi i battenti del collegio, fu destinato a Trieste, inizialmente a Villa Opicina e successivamente alla nascente comunità parrocchiale di Borgo San Sergio.Il suo lungo peregrinare apostolico, che lo ha portato a servire 5 diocesi e undici vescovi, lo condusse finalmente nel 1970 a Fossalon di Grado, una terra ancora giovane che le bonifiche strapparono alle acque solo vent’anni prima. Qui proseguì la missione del suo predecessore don Antonio Rampazzo contribuendo significativamente con diverse iniziative allo sviluppo delle attività sociali ed economiche della locale comunità istro-veneta fino ai giorni nostri. Con lui sono sorte nel tempo le numerose strutture ubicate nell’area adiacente la chiesa per le feste e le manifestazioni paesane, il campo di pattinaggio e di calcetto, l’oratorio parrocchiale e la sala teatrale. E non è mai mancata naturalmente l’attenzione verso i più giovani, per i quali ha costantemente promosso attività sportive e ricreative, la banda musicale e il coro.Alle attestazioni di stima e di riconoscenza che in molte occasioni, in anni più recenti, autorità civili, comitati di esuli e associazioni produttive hanno cominciato a rivolgergli, don Edoardo ha sempre risposto con modestia e discrezione, tratti distintivi di un carattere che, al pari della bontà d’animo, generosità e semplicità, hanno sempre guidato il suo ministero sacerdotale.