Una vita di impegno ecclesiale e sociale

Sabato 20 agosto, la chiesa di San Giuseppe a Monfalcone ha faticato a contenere le tante persone partecipanti alla messa nel corso della quale è stato anche espresso il ringraziamento al Signore per il primo secolo di vita di Nino Fragiacomo. Il rito è stato presieduto dall’arcivescovo Carlo e concelebrato dal parroco don Paolo Zuttion, dall’Assistente diocesano dell’Azione Cattolica, mons. Michele Centomo e da don Mario Malpera presente anche il sindaco Cisint. Al termine, sul sagrato, della parrocchia Nino è stato festeggiato dai parrocchiani, dagli amici dell’Azione Cattolica e delle Acli e da tanti altri conoscenti giunti da tutta la diocesi.Giovanni Fragiacomo, conosciuto da tutti come “Nino”. Classe 1922, è stato disegnatore progettista in cantiere, assessore, sindacalista e un ammirabile padre di famiglia. Tesserato nella DC e impegnato nelle Acli, Fragiacomo ha ricoperto tanti altri ruoli nelle realtà associative ed assistenziali. Abbiamo incontrato Nino a casa sua, qualche giorno dopo gli impegni festivi. Ci accoglie sulla porta di casa accompagnato dal suo deambulatore, è contento, ha una lucidità e una serenità disarmanti. Una volta accomodati in soggiorno, Nino si concede con pazienza ed entusiasmo ad alcune domande che gli abbiamo rivolto per questa grande occasione.

Caro Nino, come ci si sente dopo aver “tagliato il traguardo” del primo secolo di vita?“Vorrei specificare che non si tratta di un traguardo ma di una tappa della vita. Mi sento come sempre – contento e stupito – da tutte queste attenzioni per me. Gli uomini arrivano a questa età raramente rispetto alle donne. Ora ho cento anni, il tempo è passato ma non ho rimpianti e ricordo tante cose belle. Ho avuto accanto a me mia moglie Evelina e assieme a lei ho avuto quattro figli: Maria, Paolo, Daria e Silvia. Penso di aver vissuto un secolo di vita in maniera piena e consapevole”.

Le sue origini risalgono a Panzano … “la città nella città operaia”: quale ricordo conserva di quel posto?Ricordo le sue abitazioni. Lì, gli appartamenti venivano dati solo ai dipendenti del cantiere. Questo fu un fatto molto importante, un segno che caratterizzava quella realtà. Mio padre era di Pirano, ma mia madre era di Monfalcone. Insieme a loro abbiamo vissuto diversi anni a Panzano. Non erano tempi facili, non c’era il benessere di oggi e in cantiere si lavorava 48 ore alla settimana. Il cantiere ci ha dato molto ma tolto altrettanto con malattie professionali, infortuni e poche tutele che oggi si danno per scontate. Ho cominciato a lavorare in cantiere a 14 anni come apprendista aiuto disegnatore all’ufficio aeronautica. Quella volta non esistevano tanti indirizzi scolastici come oggi, era il cantiere a formarti. Nel 1946, una serie di licenziamenti colpì il cantiere e tra questi c’ero anche io. Per tre anni lavorai ai sindacati giuliani. Nel 1949 rientrai in cantiere come disegnatore a pieno titolo in ufficio tecnico. Poi ho ricoperto anche un ruolo tecnico amministrativo dal 1965 al 1982, lavorando anche a Trieste. Nel frattempo sono stato eletto nella commissione interna del cantiere, un organismo che si occupava di verificare il rispetto delle norme interne. Nel 1960 a Monfalcone ci furono le elezioni comunali e mi candidai nella Dc. Sono stato eletto e ho lavorato come assessore con i sindaci Pacor, Romani e Versace del quale sono stato anche vicesindaco. L’esperienza si è conclusa del 1975 dopo tre mandati come assessore ai servizi socio assistenziali. Nel frattempo ero operativo e sono stato anche presidente dell’associazione Aias, l’associazione italiana assistenza spastici, nata nel maggio del 1965 e sciolta a novembre 2021″.

Come è riuscito a scoprire la sua fede e coniugare il suo impegno tra famiglia e associazionismo cattolico?“Ho scoperto la fede attraverso un amico che un giorno mi disse: “Io credo in Dio”. A seguito di quella frase genuina che mi colpì, mi presentai dai frati della Marcelliana ai quali ho chiesto di essere istruito nella fede. Poi ho scoperto la fede anche grazie all’Azione Cattolica dove ho potuto sperimentare la santificazione delle persone, l’impegno nella Chiesa e quello nella società civile. Mi sono portato l’esperienza della fede pure nel vissuto politico della Dc. Coniugare fede e famiglia o fede e associazionismo cattolico è ancora possibile ma c’è da fare una premessa: la cristianità non esiste più e bisogna tenere conto che le pratiche di fede erano normali anche tra i non credenti. Atti e gesti oggi non corrispondono all’accettazione della società se la fede è vissuta solo come un obbligo sociale. Si può coniugare fede e famiglia tenendo presente che stiamo rivivendo quello che aveva profetizzato il cardinale Ratzinger prima di diventare papa. Siamo una Chiesa di piccoli gruppi e si rinascerà da quello. Anche l’associazionismo cattolico può avere un futuro grazie alla fede pura e genuina di persone che fanno parte di movimenti impegnati in attività sociali come scout e Acr”.

“Vivere concretamente il Vangelo nella quotidianità”: è tutto ancora possibile per i giovani e nella politica di oggi?“Nella giovinezza è più facile seguirlo! La fede si raggiunge gradualmente perché la vita è più difficile nel tempo dopo la gioventù. Il benessere poi ha portato alla rinuncia delle cose troppo impegnative quindi questo può rappresentare una carenza, una difficoltà … Su Vangelo e politica dico che la seconda determina – con le leggi – dei comportamenti educativi quindi direi che l’attenzione alle persone costituisce, è il Vangelo in politica”.Una volta in pensione non si è mai risparmiato né annoiato … il suo entusiasmo non si è mai spento e ha continuato a seminare nella comunità diocesana come in parrocchia. Quale futuro si prospetta – secondo lei- per la società e per la Chiesa che ne fa parte?”Il futuro è tutto da costruire continuamente. Un grande tentativo per coinvolgerci in questo è rappresentato dal sinodo. Viviamo il cammino sinodale insieme. Lavoriamo in sintonia col parroco anche senza di lui. Proviamo. Anche i laici – ricordiamocelo – a volte esagerano. Bisogna “fare insieme” con una preparazione ed una formazione adeguata. I mezzi sono pochi ma si troveranno. Sia la chiesa che la società hanno bisogno di persone serie e preparate!”.