Una strada nuova

Numeri che abbiamo pubblicato nello scorso numero di Voce e che – come sempre – salgono e scendono. Se intendiamo leggere e prendere atto di un tipico bilancio redatto da un ragioniere che tiene i conti, si potrebbe dire che l’andamento non sembra incoraggiante. Si registrano delle passività, dei “rossi” da sanare. Proviamo allora a redigere una nota integrativa che analizzi non solo indici contabili ma ben di più. Aspetti sociologici e umani della storia delle nostre comunità. Se – come ha provato ad interpretare don Boscarol nel suo articolo su queste pagine la scorsa settimana – bisogna ripensare ad una unica pastorale che riparta dalle famiglie, è necessario prima di tutto rendersi conto di dover avere a che fare con la società moderna che purtroppo di religione conosce pochissimo e magari di essa poco vuole occuparsi. Perché? Sono cambiati i modelli di riferimento nelle società religiose e civili. È “finita un’era” , sostanzialmente come ha ricordato Papa Francesco qualche tempo fa alla curia romana. Il riferimento alla base delle vite di ognuno non è riconducibile solo alla religione. E la Chiesa fa fatica a stare al passo con il linguaggio necessario nella società di oggi. Una società che cammina diversamente; anzi, forse corre chissà dove. Si va dunque a due velocità.Quindi sarà necessario conoscerli questi nuovi ritmi. Molti i fattori che in qualche modo “dettano i ritmi”: scuola, eccesso di impegni associativi, accavallarsi di iniziative e proposte di linguaggi lontani dal sentire comune, forse incomprensibili per i tempi che viviamo…Confrontandomi con tante voci che vivono il territorio della comunità ecclesiale del decanato, in parrocchie diverse, anche delle neonate unità pastorali, si nota una sorta di “non attrattività” di proposte, forme e iniziative. Un fattore che ne trascina con sé un altro: la mancanza di continuità del percorso che vivono e sentono le persone. Per esempio nella catechesi. Non sembra mancare un “luogo fisico” di incontro ma indicazioni utili che sappiano fare i conti con l’oggi. Pochi sono i battesimi celebrati in chiesa. Si fanno poi – solitamente – due anni di catechismo in preparazione alla Prima Comunione e poi “arriva” la Cresima per i ragazzi tra le scuole medie e superiori o per adulti prima del Matrimonio (forse per “prassi”? “altrimenti non posso sposarmi”). Allora arriva un’altra questione importante: quale valore diamo ai percorsi formativi? Come ci si propone a bambini, ragazzi e adulti? Siamo indubbiamente di fronte ad una crisi delle “impostazioni” attualmente vigenti. Sembra che le comunità si svuotino, perdano di identità e manchino di “entrate umane”. Gli unici numeri che “salgono” sono solo quelli dei riti funebri; queste sono anche altre reali perdite nei nostri bilanci comunitari. Anche chi “sembra” non aver mai frequentato la vita comunitaria di parrocchia, chiede quasi sempre il funerale religioso. Senza negare che calano sempre di più “i passaggi” in chiesa e le benedizioni – aumentano -e diventano “brevi” direttamente in cimitero dopo le cremazioni.  Tutto diventa una fase obbligata. Dunque pure la questione della fine della vita merita l’attenzione delle nostre valutazioni per il cambiamento. Le preoccupazioni amministrative “di riforma” vanno bene sempre ma è necessario prendere atto che si può essere sì minoranza, ma non di sostanza e che qualcosa si deve fare. Qualche chiave di lettura si troverà partendo anche da queste consapevolezze e certamente con una più accurata lettura e conoscenza della Parola che ci aiuterà a fare uno sforzo in più e ci farà da guida. Per vivere da comunità percorrendo una strada nuova