“Se la Chiesa non esce, si corrompe e si snatura del suo significato”

“Semplice ma solenne”. Così potrebbe essere ermeticamente definita la festa dei dieci anni dalla consacrazione dell’altare nella parrocchia di Maria Madre della Chiesa a Ronchi dei Legionari. Una congiunzione avversativa che cambia totalmente il significato dell’affermazione: una coordinata, infatti, darebbe una visione distorta.La semplicità della celebrazione eucaristica che si è tenuta venerdì 13 dicembre non deve essere confusa con l’aggettivo ’spoglia’. A celebrare la Santa Messa il parroco, don Umberto Bottacin, con l’accompagnamento della sezione maschile della Corale Santa Cecilia di Grado che ha eseguito la Messa a Tre Voci d’Uomo di Giovanni Battista Candotti. Diretta da Annello Boemo con all’organo Ivan Bianchi, la corale isolana ha saputo dare il giusto tono di solennità alla celebrazione, molto apprezzata dai numerosi fedeli presenti, specialmente durante l’esecuzione del Credo, parte dell’ordinario spesso dimenticata per difficoltà o per inezia dalle corali e per questo poco eseguita. “La missionarietà della Chiesa è opera dello Spirito Santo – ha sottolineato don Umberto durante la sua omelia – la Chiesa o è in uscita o non è Chiesa. Se non esce, si corrompe, si svuota e si snatura del suo significato. Diventa un’altra cosa. Dalle stesse parole di Gesù comprendiamo che la Missione della Chiesa è la nostra missione, rivolta ai discepoli di tutti i tempi e anche a noi che rappresentiamo questa comunità”. “È necessario – ha proseguito – consegnare in parole sobrie il messaggio di Cristo. L’annuncio del Vangelo deve essere anche sussurrato, un messaggio talvolta sconvolgente. Basta anche una semplice testimonianza di una vita profondamente cristiana, cioè ispirata al Vangelo e a Cristo stesso. Indicata dalla via di San Pietro, ’voi siete pietre vive, rigettate dall’uomo ma non da Dio’. Cos’è la Chiesa se non il prolungamento di Cristo nei secoli? Noi siamo Chiesa, perché siamo battezzati, noi siamo le sue membra. La nostra è una speranza che rimane ferma agli occhi della stoltezza del mondo”.”Certamente – ha rilevato quindi il celebrante – la ripetizione letteraria dell’Annuncio di per sé non è efficace e può cadere nel vuoto se le persone a cui viene indirizzata non hanno occasione di pregustare la tenerezza di Dio attraverso la nostra vicinanza, la nostra Carità, le nostre opere. La tenerezza di Dio si fa persona in noi se ci chiniamo sui poveri”. “Sogno da tempo – ha concluso il sacerdote affidando quasi un “mandato” ai propri parrocchiani – una comunità più solidale, più vicina alla propria Chiesa, di fratelli più vicini al proprio parroco, che sappiano condividere con lui le fatiche apostoliche, la cura dei più deboli, dei più bisognosi, dei più poveri. E non soffochino la loro fede nella ricerca del denaro, del proprio tornaconto, del proprio egoismo”.