Referendum: cosa succederà se…

Tra ottimisti favorevoli ed arrabbiati contrari, il cittadino che li sente parlare o li legge sui giornali corre il rischio di non aver ben chiaro cosa succederà se vince il si e cosa succederà se vince il no. Parliamo naturalmente del fatto politico amministrativo locale più importante della prossima primavera quando i cittadini di Monfalcone, Ronchi e Staranzano saranno chiamati ad esprimersi al referendum consultivo per far nascere un nuovo Comune che comprenda i tre attuali. Servizi migliori? Diminuzione di democrazia? Cancellazione delle identità locali? Maggior sicurezza o rischio di degrado? Possibilità di nuovo sviluppo per il territorio? Più peso politico e più voce nell’ambito regionale? E poi le domande più semplici: nel possibile nuovo Comune devo cambiare i documenti?  Parlarne per sentito dire non conviene ed allora è opportuno andare a conoscere la legge regionale e le norme che il legislatore ha stabilito per quella che tecnicamente viene definita ’fusione’ tra Comuni. Sappiamo che il Consiglio regionale può decidere o meno la fusione a prescindere dai risultati del referendum consultivo, ma è opportuno e politicamente corretto che tenga conto dell’esito del voto dei cittadini. Intanto vediamo di che territorio stiamo parlando: si tratta di 56,2 chilometri quadrati posti tra le pendici carsiche ed il mare; un’area sulla quale vivono complessivamente circa 47 mila abitanti e che è suddivisa in tre Comuni (governata quindi da tre sindaci, 17 assessori e 60 consiglieri).  Se al referendum vince il no al nuovo Comune, le cose rimangono come sono ora. Se vince il si, tutto il territorio sarà governato da un sindaco, una giunta, un consiglio comunale. Per dare vita al nuovo Comune il Consiglio regionale dovrà approvare una legge specifica, nella quale prevederà la stesura dello Statuto comunale dando già alcune linee per l’organizzazione amministrativa. “La legge regionale che dispone la fusione di comuni prevede che alle comunità d’origine siano assicurate adeguate forme di partecipazione e decentramento dei servizi. In particolare, lo statuto del nuovo Comune può prevedere l’istituzione di Municipi, disciplinandone anche l’organizzazione e le funzioni e potendo prevedere organi eletti a suffragio universale diretto. Ad esempio, può essere prevista la figura del Prosindaco,coadiuvato da due consultori, che svolgono funzioni consultive/deliberative su questioniattinenti le comunità e i territori di origine”. In pratica, con lo Statuto comunale potranno essere istituiti i Municipi e decise le modalità di decentramento dei servizi in modo da agevolare il contatto tra amministrazione e cittadini. “Nella legge che istituisce il nuovo Comune nato dalla fusione, è possibile prevedere una composizione del consiglio comunale o, in alternativa, della giunta, diversa da quella prevista in via generale dalla legge. Questa possibilità è limitata ai primi due turni elettorali (complessivamente 10 anni) ed ha la finalità di assicurare la rappresentanza delle comunità di origine negli organi del nuovo Ente”. Dunque, qualora i cittadini scelgano di dare vita ad un solo Comune, il problema della rappresentanza democratica trova una risposta che dovrà essere concretizzata nella legge istitutiva e nello Statuto. Non sarebbe male se i partiti ed i movimenti favorevoli mettessero nero su bianco le loro indicazioni per ottenere dal consiglio regionale le norme che garantiranno la rappresentatività di tutte le parti del territorio del nuovo Comune. Rappresentatività è un termine diverso da identità locale, sulla quale puntano molto i contrari al nuovo Comune. Diventare un solo Comune, si teme, cancellerà le identità attuali. Dall’altra parte si fa notare che l’identità non è legata alla presenza di una amministrazione pubblica, ma al sentire di una popolazione che si identifica i valori e tradizioni del luogo. L’essere ’bisiachi’ non dipende dai confini dei singoli Comuni, come sentire l’appartenenza alla comunità di Vermegliano non dipende dal fatto di avere o no un Comune di Vermegliano. Tanto è vero, si fa notare, che a Vermegliano, da almeno cinque anni, c’è una Pro Loco per essendo nel territorio del Comune di Ronchi dei Legionari dove opera da molti anni un’altra Pro Loco.  Quindi, se da una parte da difesa delle identità è vista come motivo per dire no al nuovo Comune, dall’altra le identità sono viste come ricchezza di dialogo e confronto per la promozione di una parte di territorio che, contemporaneamente, fa crescere tutti. Abbiamo visto alcuni aspetti del problema più generale, sul quale il nostro settimanale continuerà ad informare nei prossimi mesi. Intanto però, chi ha un po’ di tempo può leggere quanto dispongono le leggi e le norme regionali in merito alle ’fusioni’. Il sito ufficiale della Regione Friuli Venezia Giulia, nelle pagine “le autonomie locali” , “fusioni di Comuni”, pubblica un “vademecum” che illustra in modo ben comprensibile tutti gli aspetti riguardanti questo argomento.Dalla pagina 18 in poi del Vademecum si parla di tutto ciò che potrà avvenire dopo l’eventuale ’si’ nel referendum per la istituzione di un nuovo Comune.Interessanti anche le “FAQ”, risposte a domande frequenti, dove si parla pure dei documenti personali che non occorrerà cambiare in caso nasca il nuovo Comune.