Lavarsi le mani

Lavarsi le mani, bene e ogni qualvolta si esce e si rientra, Tante volte al giorno, sempre. È a prima – insieme allo stare fermi e chiusi in casa – delle norme che ci vengono ripetute in ogni momenti dalla Tv e dai giornali e dai ragazzi della protezione civile che passano per le nostre strade per tentare di persuadere i riottosi.***

Le nostre generazioni hanno davanti agli occhi le difficoltà per procedere a questa operazione oggi così reclamata. In casa non c’era l’acqua… Stando fuori i canali di irrigazione potevano servire quando l’acqua era rimessa. A scuola era un po’ meno difficile. Ma per il resto… Ho ancora presente lo zio che là dove eravamo, diceva a me, di lavarsi le mani prima del pranzo. Quando eravamo sul campo, magari con un carro di letame da distribuire per fecondare la terra, spesso bastava solo qualche ciuffo d’erba per “pulire” le mani prima della merenda o del pranzo. Al rientro a casa alla sera, se qualcuno l’aveva preparata, era a disposizione una catinella di acqua riscaldata dal sole estivo. Altrimenti acqua fresca e sapone di bucato per un lavaggio rapido. L’asciugamano per asciugarsi era sempre poco: uno per tanti. Gli ultimi dovevano sgocciolarsi e bon. L’acqua calda in casa – e le docce – è stata una scoperta di quasi tutti fra noi. Ma erano già gli anni sessanta e qualcuno non aveva mai potuto sperimentare appunto l’acqua, calda, in casa.Pertanto tutti gli inviti di questi giorni paiono esagerati. Una piccola mania.  Specialmente se capita come a chi scrive di avere condiviso per trenta anni casa e vita con qualcuno che in ogni posto dove ci si fermava, prima di tutto cercava l’acqua e pensava a come lavarsi le mani. Tutto questo in ogni sito della terra dove approda. Sotto le fontane di piazza San Pietro, in Terra santa e non è arduo pensare, con la stessa determinazione.***

La premura e la preoccupazione – come anche la giusta regola igienica – di lavarsi le mani è stata superata dalla valenza immaginifica e soprattutto simbolica dell’atto che ci viene raccomandato in tempo di C19. Siamo vissuti in tempi in cui “mani sporche e pulite” e “lavarsi e sporcarsi le mani”, erano diventati motti di spirito e perfino principi ispiratori di spiritualità o modelli sulla base dei quali condannare comportamenti e scelte di vita.Abbiamo nella memoria le immagini di giornalisti dispersi e di cortei di gente ammansita che applaudiva una categoria (i magistrati) mentre circondavano il palazzo di giustizia al grido consueto: giustizia, mani pulite, in carcere i ladroni. Giudizi perentori e senza scampo, per nessuno; ma anche con pochi risultati.E’ accaduto così che la democrazia rischiasse il collasso non riuscendo a gestire il difficile rapporto tra giustizia e verità; di più, la stessa vita democratica -per un momento- rischiò di essere  considerata un tantino meno rilevante e impellente. Tutto questo in nome di uno giustizialismo a buon mercato che distribuiva patenti di pulizia o di scandalo insopportabile verso qualcuno per il solo fatto di appartenere ad una classe (i politici e anche quelli, non tutti), ad una corrente.  Gruppuscoli di vario genere e specialisti nello speculare su tutti: gli slogans non mancavano e fanno pari e patta con quelli che hanno problamato che “la povertà è eliminata” o che “le riforme sono fatte”! Luoghi comuni e amenità insopportabili.***

In questi giorni – per la verità come numerose altre situazioni – troppi sono quelli che continuano a “lavarsi le mani” in modo  pilatesco. C’è chi non accetta le norme restrittive per salvare tutti dal disastro infettivo e fa da sé, pensando di non essere visto o si illude di non essere rintracciabile sempre e dovunque, non accorgendosi di avere già delegato una parte rilevante della sua -presunta- autonomia. Chi, dall’altra parte, ritiene che “le mani sporche”, sono quelle degli altri e non di chi (ad esempio)  ha coltivato l’idea di una sanità privatesca (spesso a spese di quella pubblica) e adesso piange perché mancano le sale  di rianimazione in quella pubblica o  si lamenta che i servizi sono stati ristretti. Nell’elenco non manca chi si vanta di non avere le mani sporche perché tanto lui è sempre vissuto sulle spalle degli altri, specialista nello succhiare le ruote degli altri; ha sempre raggiunto i suoi obiettivi approfittando degli scioperi altrui; ha parlato male dei politici e della politica perché sporca… ma non lui,  appunto.È giusto auspicare un momento serio di resipiscenza: adesso forse si può intendere che il voto è un atto di responsabilità e non un accomodarsi dietro la maggioranza; praticare il ricorso dell’acqua come ha fatto il pessimo Pilato, significa sempre garantirsi un futuro (di solito ricco di prebende) senza pagare il fio di decisioni sempre responsabili anche se impopolari; vantarsi che il proprio nome non esista nei conteggi di chi paga le tasse, dopo avere fatto di tutto per iscrivere i figli all’università nell’elenco dei nulla tenenti; ultimo, dopo avere dichiarato di non essere razzista con quanta voce si ha in corpo – appartenere all’esercito dei buontemponi, specialisti in cambiare casacca ad ogni vento che soffia e di rimanere sempre in sella. Ecco l’occasione per una autentica pratica: lavarsi le mani, sempre, presto e bene… ed anche il viso!