La consolazione nella prossimità

A lanciare la proposta è don Remo Ceol, responsabile diocesano della Pastorale della salute.

Se parliamo di solidarietà cristiana che “matura la Chiesa”, del “mettere in comune” e di “dare e condividere”, in che modo e in che misura possiamo affermare che tutti questi aspetti siano riconducibili alla Pastorale della Salute? Siamo sulla giusta strada? “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi – inizia così la Costituzione “Gaudium et Spes” – dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo…”. Papa Francesco invita oggi la comunità ecclesiale ad uscire e raggiungere le periferie geografiche ed esistenziali. La Pastorale della salute, ovviamente, è coinvolta in modo notevole, intenso, intimo in questa dinamica della Chiesa. Se andiamo al Vangelo, Gesù ha predicato e guarito. Da ciò deriva che la dimensione caritativa non è conseguenza dell’evangelizzazione ma suo fondamento. La società e le nostre comunità sono in continuo e serio cambiamento ma anche in affanno per certi aspetti. Quali sono a suo avviso le esigenze attuali e i problemi che deve affrontare una buona ed efficace Pastorale della Sanità? Il cambiamento fa parte della storia umana. Ci sono dei periodi nei quali si pensa che tutto sia realizzato bene e non possa che migliorare: il mito del progresso. Se penso agli anni che ho vissuto, penso che rientrino in questa categoria. Ora la storia ha ripreso a camminare e a correre. Per restare al nostro ambito, la cura del malato si sposta sempre più nel territorio. La promozione e protezione della salute si realizza nel territorio. Allora anche la pastorale della salute, senza abbandonare le strutture, deve uscire sul territorio, deve diventare una pastorale della parrocchia. Concretamente, quali attività e iniziative che organizzate a livello decanale? Uscire sul territorio non deve comportare un ulteriore peso per i preti o i parroci. Al contrario, i fedeli di una parrocchia sono invitati a scoprire le persone fragili del proprio territorio e portare loro, se lo desiderano, la prossimità di Gesù. Sto immaginando la formazione di “gruppi della consolazione”. Ho cercato di partire dalla città di Monfalcone e dalle sue parrocchie. Pensavo, però, che ci fossero molte persone nelle parrocchie con questa sensibilità nei confronti della fragilità, invece… Ho pensato allora ai Ministri straordinari della Comunione: ma ancora una volta ho scoperto che ben pochi vanno a casa del malato. Cosa fare a suo avviso, di concreto sul nostro territorio per rafforzare la risposta evangelizzatrice della Chiesa attraverso una corretta e forte azione di questo tipo di pastorale? Ritengo che oggi, proprio per rispondere a papa Francesco, a Gesù, al nostro tempo, nelle comunità parrocchiali è indispensabile che ci siano delle persone che sappiano incontrare il sofferente e lo facciano sentire in comunione con la parrocchia e con Dio. Le parrocchie sono chiamate a promuovere anche il ministero della “consolazione”: persone che sappiano cristianamente scoprire e stare accanto a chi soffre. “Tutti dobbiamo uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo” (E.G.). I gruppi della consolazione darebbero visibilità localmente alla pastorale della salute, che a questo punto potremmo definirla “pastorale della consolazione”, che si articola nelle tre dimensioni già ricordate. Ricevere la comunione a casa attraverso la presenza dei Ministri Straordinari dell’Eucarestia. Anche queste azioni potrebbero far parte di una più ampia azione della Pastorale della Salute? Chiedo con semplicità la collaborazione dei parroci, diaconi,  Ministri straordinari della Comunione, dei CPaPa per promuovere questi “gruppi della consolazione” a Monfalcone. Non chiedo riunioni, basta che mi vengano indicate persone che  vogliono interrogarsi su questi temi. Il consolatore offre il dono della propria presenza a chi è solo. I consolatori sono coloro che scelgono di farsi prossimi consapevoli che ogni biografia è una storia a se, che invoca attenzione, accoglienza, rispetto e accompagnamento. Il compito del consolatore non è solo quello di accogliere sentimenti, disappunti e turbamento dell’interlocutore, ma anche quello di portarne alla luce la capacità di ripresa e guarigione, per metterle a servizio della speranza e della vita.