Gli stranieri ed il lavoro

I lavoratori stranieri

La maggioranza degli stranieri viene in Italia per cercare un lavoro e garantire una vita più dignitosa a se stessi e alla propria famiglia. Molti degli stranieri della zona Mandamentale lavorano presso la Fincantieri. Alcuni dei cantierini in realtà ha anche un titolo di studio, come nel caso di un signore che si è laureato in medicina in Bangladesh, ma che non può praticare la professione di medico in Italia, in quanto non gli viene riconosciuto il suo titolo di studio. “Quando sono arrivato in Italia, quasi venti anni fa, avrei dovuto iscrivermi in un’università italiana per dare alcuni esami del corso di laurea in medicina che mi avrebbero permesso di praticare la  professione di medico , ma essendo arrivato qua con la mia famiglia dovevo trovare un lavoro e non potevo dedicarmi allo studio”. Questa è la testimonianza di una persona straniera che dimostra come la diversità del sistema di istruzione tra il suo stato natale e quello italiano non gli permette di praticare la sua professione. Un’altra persona invece proveniente dal Senegal vive a Udine da solo, lontano dalla propria famiglia, e ogni mattina prende la corriera per andare a lavorare alla Fincantieri. “Io rimarrò qua finché continuerò ad avere il mio contratto di lavoro, dopodiché se mi licenzieranno andrò altrove, non importa che lavoro farò purché possa portare a casa qualcosa.” La ricerca del lavoro è sempre più difficile nel periodo di crisi economica che sta attraversando il nostro paese e che non offre molte possibilità lavorative nemmeno agli italiani. I pregiudizi però nemmeno aiutano nella ricerca del lavoro, come è successo ad una ragazza rumena, che ha fatto dei corsi per diventare cameriera e che nel momento in cui ha presentato il proprio curriculum ai ristoranti della nostra regione. Alcuni locali hanno infatti preferito non assumerla a causa del suo paese di provenienza, collegandola ad altre persone rumene che non si erano comportate bene nel nostro paese.Non è facile il mondo del lavoro, spesso si è costretti ad accettare degli impieghi diversi da quelli che si vorrebbero per portare a casa uno stipendio, ma  dobbiamo ricordarci che il lavoro, come ha detto Papa Francesco, non dovrebbe essere solo un’attività indispensabile per la sopravvivenza ma dovrebbe rispecchiare anche la creatività, l’intelligenza e gli affetti umani.

Diritti e tutele sindacali

La maggioranza degli stranieri si iscrivono ad un sindacato nel momento in cui hanno un problema, in particolare se gli imprenditori per cui lavorano non hanno dato a loro quanto dovevano. Non c’è il monopolio di alcun sindacato sugli stranieri, si rivolgono a CISL, UIL o CGL, a seconda di chi è in grado di trovare la giusta risposta alla loro richiesta e di risolvere il loro problema.”Il mondo del lavoro è sicuramente cambiato. – ha detto Gian Franco Valenta, sindacalista della CISL- Negli anni ’70 erano iscritti l’80% dei lavoratori Fincantieri ai sindacati, oggi solo il 50%.”Il sindacalista ha spiegato come nel corso degli anni sia cambiata la realtà di Fincantieri e l’identità dei suoi lavoratori. Valenta è stato segretario dei metalmeccanici dal 1980 al 1993. Nel 1980 erano state fatte delle proteste per mantenere aperta Fincantieri. Nel 1984 era stato fatto persino un blocco dei mezzi di trasporto nell’aeroporto,  nelle ferrovie e circa novantasette persone erano state denunciate per interruzione del servizio pubblico. Molti operai della Fincantieri sono rimasti in cassa integrazione dal 1983 al 1993. La salvezza del Cantiere è arrivata nel 1989 quando hanno incominciato a costruire le navi passeggeri Grand Princess e fino ad ora ne sono state realizzate ben quarantadue.Oggi però la realtà di Fincantieri è ben diversa: ci sono 1200 dipendenti diretti per quel che riguarda la progettazione Fincantieri come la carpenteria dello scafo, i meccanici di bordo. Il resto dei lavori viene invece affidato a ditte appaltatrici presso cui lavorano 4000 persone. La maggioranza degli stranieri lavora presso le ditte appaltatrici e la forza lavoro è sempre più sfruttata. I lavoratori Bangladesh in particolar modo eseguono i lavori più umili, mentre quelli provenienti dall’Est Europa sono soprattutto saldatori.”Le cose sono peggiorate, i lavoratori sono più deboli e fanno più difficoltà a difendersi. Una volta venivano fatte più proteste per equità.” Afferma così Valenta, supponendo che molti lavoratori sono intimoriti dai propri dirigenti e non hanno il coraggio di far valere tutti i loro diritti per paura di perdere l’unico lavoro che hanno.Molti lavoratori stranieri delle ditte appaltatrici non usufruiscono inoltre del servizio della mensa, portandosi sul posto di lavoro un panino, né usano le docce a loro disposizione per lavarsi e tornare a casa puliti. “Questo non è un segno dell’avanzamento della classe operaia.- afferma Valenta- Non è bene che i lavoratori tornino a casa sporchi, in quanto le tute che hanno usato in ambiente di lavoro sono impregnate di grasso, ruggine, vernice e non è l’ideale per preservare la salute della pers ona stessa.” Perché rinunciare allora a tanti servizi? Fincantieri pretende che le ditte appaltatrici diano al cantiere navale una quota per contribuire al pagamento delle pulizie, ma nel momento in cui i lavoratori rifiutano i servizi ricevono un piccolo compenso extra.La querela dei vigili con le armi non è vista positivamente da Valenta. Tra il 1992 e il 1993 erano dal cantiere navale spariti suppellettili, tele, in quanto dei lavoratori si erano appropriati dei beni della Fincantieri. “Il Cantiere navale deve salvaguardare il capitale, ma far girare i vigili in mensa con la pistola mi sembra eccessivo quando sarebbe necessario solo salvaguardare il perimetro”. Intimorire le persone non sembra dunque la strada giusta per salvaguardare il cantiere monfalconese.Fincantieri dovrebbe porre inoltre secondo il sindacalista della CISL anche maggior attenzione al tessuto sociale della città, non limitandosi solo a dare lavoro, ma avvicinandosi anche alle esigenze della città e dei suoi lavoratori.

Il lavoro è dignità

“Il lavoro riguarda direttamente la persona, la sua  vita, la sua libertà e la sua felicità. Il valore primario del lavoro è il bene della persona umana, perché la realizza come tale, con le sue abitudini e le sue capacità intellettive, creative e ,manuali. Il lavoro non ha soltanto una finalità economica e di profitto, ma soprattutto una finalità che interessa l’uomo e la sua dignità”. Queste sono state le parole di Papa Francesco secondo cui il mondo del lavoro è una dimensione che coinvolge tutti gli uomini e le donne, imprenditori e lavoratori, studiosi e ricercatori, educatori e animatori, uomini di cultura e politici. Il lavoro secondo il Papa è molto di più che un mezzo di sopravvivenza , è parte del piano di amore di Dio. Il Nostro Signore ha lavorato tanto e lavora molto per il suo creato e l’attività lavorativa consente dunque a noi uomini di avvicinarci a Dio e di essere simili a lui. Ispirato dalle parole di Papa Francesco il nostro Decanato ha deciso di promuovere presso la Fincantieri la celebrazione della Messa in occasione del Giubileo del Lavoro il 15 ottobre. Questo evento darà modo ai lavoratori che vi parteciperanno di riconsiderare il valore del lavoro. ” La storia, il passato, le trasformazioni potranno anche insegnarci qualcosa ma è l’approccio stesso al tema del lavoro che deve cambiare” afferma Don Renzo Boscarol, parroco di San Lorenzo e Santo Stefano di Ronchi dei Legionari, nonché uno degli organizzatori della celebrazione del 15 ottobre. Secondo il parroco un approccio diverso contribuirà ad estinguere le disuguaglianze e le tensioni sociali. Il cambiamento sarà una responsabilità di tutti e dovrà partire da un forte principio e valore di uguaglianza, investendo nella formazione, nell’istruzione, nell’utilizzo del tempo libero e della cultura, nella valorizzazione degli ambienti di vita e di convivenza. Il periodo di gravi difficoltà e di disoccupazione, soprattutto giovanile, che stiamo attraversando invita tutti noi a ripensare a modelli e stili di vita diversi.” Bisogna mettere da parte le paure per le nuove tecnologie viste come causa di perdita di posti di lavoro – afferma Don Renzo- e contare sulle meravigliose potenzialità delle persone e delle macchine per un progetto di crescita umana.”  Il lavoro non deve essere infatti ostaggio della logica del profitto, ma deve anche tenere conto degli affetti della vita per impedire ingiustizie e disparità.La scarsità del lavoro genera inoltre paura, attribuendo colpe e responsabilità della realtà in cui viviamo  a rifugiati e migranti,  e induce le persone ad abbandonare e dimenticare i più deboli e a trascurare la propria salute per preservare il posto di lavoro.Il giubileo della misericordia costituisce dunque un’occasione utile per riscoprire e valorizzare le potenzialità umane e spirituali, al fine di intraprendere la via del “fare insieme” che indica un modello di vita, lavoro e costruzione del futuro”.”assare la porta” è un’espressione emblematica di ogni invito giubilare- afferma Don Renzo- che propone a uomini e donne di buona volontà di mettere da parte le poche certezze per abbracciare invece un cammino di riprogettazione del domani, al fine di lasciare un mondo più umano”.  Tutti sono dunque chiamati a battersi per un nuovo modello che non sia fondato sul mercato ma sul senso di umanità. Sconfiggere il pessimismo per  stabilire un nuovo e rinnovato patto fra le persone, capace di dar vita ad una società di individui che abitano insieme e che costruiscono una comunità in grado di offrire spazio anche a chi non possiede abilità e competenze, a chi viene da lontano.”Costruire insieme un nuovo processo del lavoro significa allora metterci alla prova” sostiene Don Renzo proponendo una serie di progetti : l’invenzione di nuove e aggiornate professioni, ridare spazio alla cultura del bello e della bellezza del creato , costruire ipotesi di convivenza alla prova di regimi seri di tassazione e spazi  per la libertà dell’individuo e delle comunità di uomini e donne,  che saranno chiamati a vivere esistenze ricche non di beni materiali da consumare ma di relazioni da condividere.