Fincantieri e Monfalcone: quel dialogo imprescindibile

Non era il diavolo due anni fa e non è un santo oggi. Il rapporto di Monfalcone con l’amministratore delegato di Fincantieri, in qualche modo immagine e parafulmine della grande azienda con importante partecipazione statale, è influenzato in questi anni dalle esigenze del confronto politico locale ed oltre. Così, di fronte agli innegabili problemi conseguenti alla presenza dello stabilimento di Panzano, due anni fa si sentiva l’esigenza di battere i pugni sui tavoli dove fosse posiibile incontrare i vertici di Fincantieri. Diversamente, oggi si vedono gli stessi vertici come degni successori delle scelte illuminate dei Cosulich nei confronti del territorio monfalconese.Se corrispondono alla realtà, i cambiamenti di clima nei rapporti tra fabbrica e territorio sono certamente un fatto positivo. Monfalcone però si trova davanti a dei problemi che proprio questo clima dovrebbe aiutare a risolvere per il meglio, a patto che al clima corrispondano poi i fatti. Secondo quanto dichiarato, il Cantiere ha davanti anni di commesse che garantiranno lavoro e la prospettiva richiederà ulteriore aumento di lavoratori a diversi livelli, dalla manodopera agli specialisti alle nuove competenze sia produttive che direttive. In sostanza ci sarà un aumento di persone attratte a Monfalcone dal lavoro. Si chiede che ci sia spazio per nuove assunzioni di persone del territorio monfalconese e regionale, ma anche semplicemente ’italiani’, in particolare giovani. Già, perchè in questi anni non c’è la corsa al Cantiere dei nostri giovani? Perchè anche i disoccupati fanno o hanno difficoltà ad entrare in Cantiere? E poi, vi entrano da dipendenti diretti o attraveso le ditte che vincono gli appalti e poi subappaltano? Quali sono le condizioni ambientali di lavoro e le remunerazioni, le paghe, che ricevono? Non possiamo girarci attorno, il problema riguarda i costi delle produzioni ed i margini di guadagno dell’azienda che si è affermata a livello internazionale, ma deve affrontare competizioni di non poco conto.Quindi siamo di fronte ad un problema che non può prescindere da iniziative sui costi del lavoro e questo non è un problema solo locale. Il territorio però ne soffre le conseguenze sia in termini di occupazione che di arrivo di altri lavoratori da altre parti d’Europa e del mondo.Il sistema complessivo che regola questa produzione rende evidente che gli “altri” costano di meno all’azienda e la aiutano ad essere più competitiva, ma portano dei costi sociali al territorio che sta attorno alla stessa azienda. Si sente poi parlare di ’filiere’ di aziende locali e regionali che possano concorrere alla produttività e alla competitività di Fincantieri, aumentando così annche l’occupazione locale. E’ una strada in parte già avviata ed i parte da esplorare con una attenzione: se queste aziende producessero solo per Fincantieri correrebbero i rischi già visti in passato: una crisi della cantieristica o il mutare delle esigen ze di tecnologie sempre più avanzate potrebbero far chiudere queste stesse aziende. Un unico indirizzo per tutto il territorio è un pericolo. La filiera per Fincantieri dovrebbe essere comunque aperta anche a sbocchi su altri mercati. Abbiamo sotto gli occhi l’impatto sociale sul territorio dell’arrivo di migliaia di lavoratori da ’fuori’ e molti con famiglia. I problemi ci sono perchè l’impianto sociale e dei servizi pubblici è andato innegabilmente sotto stress in quanto dimensionato sui numeri del passato e quindi abitazione, scuola, sanità e assistenza hanno faticato non poco a rispondere alla nuova realtà. Ma sappiamo già che Fincantieri avrà presto bisogno di richiamare ulteriori persone al lavoro a Monfalcone. È qui che dobbiamo chiederci se gli atteggiamenti sociali, culturali e politici di questi anni favoriscono un modo positivo di affrontare questi problemi. Assodato che ce li troviamo di fronte per scelte che non sono locali, in che modo gestiremo l’aumento della popolazione residente che qui verrà a lavorare? Con che atteggiamento mentale e culturale affronteremo l’ampliarsi di una situazione già problematica? Abbiamo visto che il ’via gli stranieri’ non regge ed anzi avviene il contrario, aumentano. Vogliamo finalmente affrontare la realtà di una terra, e non solo Monfalcone, in cui sarà necessario far convivere ed integrare persone provenienti da esperienze, culture e religioni diverse? La contrapposizione e l’odio, cresciuti in questi tempi, non sembrano aver portato benefici né risolto i problemi. Il rispetto per le leggi è fondamentale per ogni convivenza e quindi anche per la nostra realtà, ma a quel rispetto va abbinato anche quello per le persone, per la loro dignità sia sui posti di lavoro che negli ambienti della vita quotidiana. Senza quel rispetto è più facile che ci sia contrapposizione e ribellione che non convivenza e integrazione nella pace sociale. E’ chiaro che Fincantieri e Monfalcone, non senza il territorio e la Regione, devono saper dialogare perchè, in fondo, c’è un conflitto tra interessi diversi che non può essere lasciato nascosto, ma va affrontato per arrivare a soluzioni che rispondano correttamente alle esigenze della grande azienda così come a quelle delle prsone che vi lavorano e del territorio in cui tutti ci troviamo a vivere. Non è una strada facile, e Monfalcone lo sa proprio per la sua lunga storia industriale, ma dobbiamo trovare il coraggio di uscire dalle facili e sterili polemiche fatte di slogan ad uso elettorale per rimboccarci le maniche tutti assieme, progettare e accompagnare la costruzione del Territorio del prossimo futuro.