Don Bastiani, sacerdote da 50 anni

A Duino Aurisina c’è fermento: la comunità si sta, infatti, preparando a festeggiare, domenica prossima 2 luglio, il cinquantesimo anniversario di sacerdozio di don Ugo Bastiani parroco di Sistiana e Aurisina. Nato a Capriva del Friuli il 6 luglio 1941, don Ugo Bastiani è stato ordinato sacerdote il 2 luglio 1967 dall’allora arcivescovo – vescovo di Trieste, mons. Antonio Santin, ad Aquileia essendo Gorizia sede vacante. Ex insegnante, appassionato di sport, nel 1982 don Ugo è arrivato a Sistiana. Proprio i suoi parrocchiani, in particolare lo storico gruppo dei giovani, hanno deciso di organizzare i festeggiamenti che inizieranno alle ore 18.00 con la Santa messa concelebrata dai confratelli sacerdoti, nel giardino della chiesa di Borgo San Mauro a Sistiana e continueranno con un importante momento conviviale.

Allora don Ugo, il 2 luglio festeggerà cinquant’anni di vita sacerdotale, ci dica tre aggettivi per definire questi anni?Felici, positivi, problematici.La felicità viene dall’aver preso coscienza piano, piano dell’importante scelta che inizialmente non avevo capito, della missione cui sono stato chiamato.Positivo è il fatto di esser stato sempre coerente, non rinunciando mai al mio essere sacerdote ma anche uomo.Ho avuto un buon rapporto con i miei superiori, anche se, non sempre, ho condiviso le scelte pastorali. Lo sport mi ha molto aiutato a conoscere mondi diversi che, a mio parere, la chiesa non riusciva a vedere.La sofferenza ha sempre fatto parte della mia vita, i problemi sono stati di natura conflittuale a causa del mio carattere, in particolare per la mia testardaggine, non ho mai accettato imposizioni, volendo essere coerente con le mie scelte, giuste o sbagliate, ma pur sempre mie. Ho creduto che non si può scindere il divino dall’umano, Dio s’incarna nell’uomo e l’uomo diventa così il prolungamento della divinità nella sua umanità.

Com’è nata la sua vocazione?Mi è difficile dire quando sia nata la mia vocazione. Forse la fortuna di esser nato in un paese di contadini che mi hanno fatto apprezzare la grandezza e la bellezza della creazione. I miei compaesani non facevano distinzioni tra il divino e l’umano, sapevano cogliere una simbiosi che mi ha affascinato e indicato, se pur giovane, la strada da intraprendere. Non è stato facile anche perché mi scontravo, già allora, tra una chiesa chiusa e il bisogno di proporre qualcosa di nuovo.Ho trovato un Cristo umano, vivo e presente nella povertà ma anche nella ricchezza della mia gente.

Come e da dove ha iniziato il suo percorso di formazione?Finita la scuola elementare a Gorizia, ho frequentato per due anni una scuola di Udine, quindi gli ultimi due anni di seminario nuovamente a Gorizia.

La sua famiglia come ha appreso la sua decisione?La mia mamma era molto felice ma ha creduto solo quando, quel 2 luglio del 1967, sono uscito dalla basilica di Aquileia, consacrato.Sono sempre stato molto ribelle anche in famiglia.

Prima di giungere a Sistiana, dov’è stato?Il primo anno di sacerdozio l’ho vissuto a Cervignano, poi a Staranzano, a Gorizia Sant’Anna, quindi per dieci anni a Cormons.Da Cormons quest’anno sono trentacinque anni che sono in quel di Sistiana e da quasi dieci sono parroco anche di Aurisina.

Che messaggio si sente di dare ai giovani?Ai giovani sacerdoti vorrei dire che non si avviliscano, che non perdano mai la speranza e soprattutto non dimentichino le parole di papa Francesco, parole che io ho cercato di mettere in pratica fin dall’inizio del mio cammino sacerdotale e cioè che “siamo al servizio delle nostre comunità”. La vita è fatta di alti e bassi, si matura soprattutto quando si pensa di aver fallito.

Come ha scelto il motto del santino ricordo del giorno della consacrazione?Ho avuto difficoltà con i miei superiori per la scelta della frase del santino di ricordo che ho ripreso anche oggi nell’invito di questo cinquantesimo e di cui sono convinto più di prima: “Signore, conservami giovane nel mio agire, preservarmi dall’abitudine che addormenta e uccide”. La base di tutto è il Signore che poco può fare di fronte all’abitudine o al pensare di aver fatto tutto. L’abitudine toglie la gioia, la forza del donare, del condividere e del ringraziare ogni persona che incontriamo lungo il nostro cammino. La felicità sta nell’essere coscienti di essere e camminare sulla strada che Gesù vuole per noi.

Come vorrebbe trascorrere il giorno del suo cinquantesimo anniversario?Per la mia festa vorrei essere in un eremo! Alla mia gente vorrei dire che mi sappia accettare per quello che sono, non quello che vorrebbe io fossi. Sono don Ugo e non voglio essere l’imitazione di altri sacerdoti. Se sono ancora sacerdote lo devo anche alla mia comunità che non mi ha mai abbandonato e mi ha invece aiutato nei momenti anche assai duri della vita di comunità.

Come vede il domani?Il domani è pieno di speranza perché credo che l’uomo possieda una grande ricchezza che spero la chiesa sappia “estirpare”.Rimane un’ultima parola: “Grazie Signore per essere ancora sacerdote, grazie alla mia gente per avermi aiutato a maturare nella mia vocazione!”Un grazie particolare a chi continua a prestarmi attenzione e mi offre il suo aiuto e al grande lavoro, la testimonianza, la grande forza e il coraggio che mi stanno dando i giovani preparando questa festa a me dedicata.Ho solo un rammarico, quello di aver perso per strada alcuni di loro soprattutto perché ricchi di grandi doni.