Britannia: “città navigante”, frutto del lavoro comune

“E la nave va…” scandiva la canzone. Per i canterini di oggi e di ieri, “la barca” è sul mare. Parliamo di “Britannia”, la nuova ammiraglia della P&O – marchio glorioso della marineria britannica- costruita ai cantieri di Monfalcone dalla Fincantieri. La nave dei record, a partire da meta marzo, inizierà il suo cammino tra i mari adibita al trasporto turistico. Su richiesta della comunità dei marittimi, la partenza è stata preceduta da una Messa che in oltre 400 hanno animato insieme ad un cappellano di mare commosso della loro fede e partecipazione: una testimonianza di comunione dalla piena condivisione del pane: la comune fede ha superato anche la diversità delle lingue e la difficoltà di comunicazione con un abbraccio di sincera fraternità.È stato l’ultimo gesto della grande festa che ha contraddistinto la cerimonia di consegna del Britannia: una giusta festa popolare conclusa al teatro della nave affollato di autorità e di amici e di giornalisti, in un andirivieni di lavoratori impegnati alle ultime consegne ed ai lavori di completamento. Sono state giornate intense che hanno riportato al meno in parte a quelle atmosfere di festa che contraddistinguevano sempre i vari e le partenze della grandi navi.La partecipazione della città e della comunità del lavoro – come è stato notato da una lettera aperta di Luciano Rebulla la settimana scorsa – ha avuto riscontri diversi rispetto al passato. All’orizzonte insieme alle ragioni di festa, sono state notate anche alcune incongruenze e soprattutto i problemi del futuro che riguardano tutti, in particolare proprio la comunità delle famiglie e del lavoro. Una realtà che è fatta di maestranze locali e di immigrati che hanno trovato a Monfalcone una prima risposta alle loro domande di lavoro e di futuro.La presentazione – svoltasi all’interno della nave – ha avuto i toni della responsabilità nelle parole del vice ministro dell’economia Enrico Monardo, il quale ha ragionato in termini di sostegno all’export e alle garanzie di credito, ma anche per quanto riguarda il lavoro, prospettiva non assente in chi intende la politica come una mano precisa al bene comune, senza dimenticare di riconoscere “l’elevata qualità del capitale umano e la capacità di attrarre investimenti esteri”. Dall’amministratore delegato della Fincantieri, ing. Bono, si è sentito una parola di futuro, una parola di fiducia nella Carnival capoclassifica della croceristica internazionale e di riconoscenza (in 25 anni la Carnival ha investito nelle costruzioni navali 25 miliardi di dollari, che hanno riguardato anche Monfalcone), altre parole di riconoscimento dell’opera svolta dal cda e di impegno per il futuro. Anche Bono ha avuto parole di ammirata approvazione per la conferma delle capacità tecniche e umane della gente del cantiere, tecnici ed operai, oltre che per l’impatto che “Britannia” presenta sul piano della tecnologia.Parlando a nome della società armatrice,  sir David Dingle non ha mancato di sottolineare la qualità del lavoro dello stabilimento monfalconese. “Britannia, costituisce con i suoi 143 mila tonnellate di stazza lorda, la più grande unità di crociera costruita da Fincantieri. Un vero e proprio monumento del lavoro. Queste le dimensioni: 330 metri di lunghezza per 28,4 di larghezza e 47 ,7 di altezza. Trasporta, insieme all’equipaggio, oltre 5700 persone; l’acciaio utilizzato è pari a tre volte quello che servì per la Torre Eiffel; la centrale è sufficiente ad alimentare una città di 70 mila abitanti. A bordo sono operanti  30 cucine, 400 frigoriferi, 200 friggitrici, 55 macchine da caffè. Tutto questo senza dimenticare il numero delle stanze, dei luoghi di incontro e dei servizi, oltre che dei locali di passaggio che accolgono i passeggeri.Le buone notizie non cancellano le domande che riguardano due temi che stanno a cuore di tutti: come rendere ancora più evidente l’impatto sulla città e sul territorio di questa mole di lavoro, di intelligenza e di tecnologia; e, in secondo luogo, come consentire anche alle maestranze che lavorano non solo i diritti sindacali ed economici, ma anche la possibilità di una adeguata formazione professionale e tecnica, che venga a completare quella culturale e sociale. In specifico per i lavoratori che vengono da Paesi lontani è urgente pensare non solo ai corsi di infortunistica ma anche a corsi specifici che rinverdiscano in modi nuovi, quella che era la specialità del cantiere: la professionalità della mano d’opera.