Uno sguardo attento sul vissuto religioso

Nell’ambito dei festeggiamenti per i patroni di Gorizia, giovedì 14 marzo, presso la sala Incontro, è stata proposta una lettura del vissuto religioso della città attraverso dati statistici confrontati con i contesti della diocesi e dell’intero Triveneto. Dopo l’introduzione del parroco don Nicola Ban, si sono susseguiti gli interventi di due sociologi: Gabriella Burba, che ha illustrato con una proiezione di grafici i trend della popolazione e di alcuni indicatori di pratica religiosa a Gorizia e in diocesi; Alessandro Castegnaro, Presidente dell’Osservatorio Socio-Religioso Triveneto, che ha inquadrato i fenomeni rilevati nella più ampia cornice del Nord Est e dell’intero territorio italiano, proponendo criteri di interpretazione e indicazioni per affrontare le sfide di quella che ha definito “la nuova terra di mezzo del credere”.

I dati demografici di Gorizia evidenziano una crescita della popolazione dal 2002 al 2005, seguita da un continuo declino fino al 2017, con un calo del 6% rispetto al 2005. La popolazione diocesana è invece cresciuta dal 2002 al 2011, data da cui è iniziato un trend negativo. L’indice di vecchiaia del capoluogo, pari a 245, è molto più elevato di quello nazionale, di poco inferiore a 170: già questo indicatore fa emergere alcune peculiarità di Gorizia rispetto al contesto triveneto e italiano. I nati in città, dal 2003 al 2017, sono diminuiti del 22%, in diocesi del 18%. Tale decremento spiega solo in parte il calo del numero di battesimi, scesi anche in percentuale sulla popolazione 0-1 anni dal 78% del 2000 al 55% del 2017, mentre in diocesi si passa da 84% a 58%. L’aumento degli stranieri può contribuire, ma solo parzialmente, a spiegare questi dati: anche ipotizzando che tutti i nati stranieri non siano cattolici, il che sicuramente non è vero, resterebbe da spiegare una quota del 30% circa di bambini italiani non battezzati a Gorizia.

Stranamente le prime comunioni, in città, hanno un andamento sostanzialmente stabile, in diocesi un trend in leggera diminuzione; le cresime, in totale fra ragazzi e adulti, sono anch’esse abbastanza stabili a Gorizia, in diocesi addirittura in aumento fra il 2000 e il 2017.

In netto calo, invece, secondo i dati Istat, sia il numero totale dei matrimoni, dimezzati a Gorizia fra 2004 e 2017, sia la percentuale di matrimoni religiosi che, già ridotta a un terzo nel 2004, si aggira sotto il  25% negli ultimi anni. In diocesi, la quota di matrimoni religiosi è circa il 36%, in linea con il dato regionale, ma molto inferiore a quello nazionale che registra ancora una maggioranza del rito concordatario.

Lentamente diminuiscono a Gorizia anche i funerali con rito religioso, pari al 77% dei morti nel 2017, mentre, a partire dal 2014 si registra qualche richiesta di cancellazione dai registri dei battezzati, 9 in città e 20 in diocesi nel 2017.

I dati sui sacramenti, desunti dalle rilevazioni parrocchiali, non sempre completi e quindi utili più per indicare tendenze che per “fotografare” singole situazioni, confermano la percezione di una progressiva secolarizzazione della nostra società, più accentuata nel territorio goriziano. Ma, come afferma papa Francesco, “Questo nostro tempo richiede di vivere i problemi come sfide e non come ostacoli: il Signore è attivo e all’opera nel mondo”.

L’esigenza di una lettura non semplicistica e catastrofica è stata sottolineata da Castegnaro, che ha invitato a guardare più i processi complessivi di lungo periodo che i singoli dati, ribadendo quanto ha scritto come esito delle varie ricerche, condotte con uno sguardo privilegiato sul mondo giovanile. I giovani, figli della lunga parabola del moderno, che ha messo in crisi l’adesione a norme e precetti legittimati da un’autorità, valorizzando la libertà e la soggettività, non sono ostili o indifferenti alla dimensione della fede, ma critici verso il bagaglio dottrinale, liturgico e morale della cosiddetta religione di chiesa, che percepiscono come estraneo alle proprie domande di senso e ricerca di identità. La sintesi di una religione giovanile in standby, afferma Castegnaro, può essere espressa dalla preghiera scritta da Daniele Benati: “Signore, se ci siete, fate che la mia anima, se ce l’ho, vada in Paradiso, se c’è”. È questa la “terra di mezzo del credere”, situazione di incertezza e provvisorietà, che può avere esiti diversi, esprimendo comunque una nuova sensibilità religiosa, che la Chiesa dovrebbe cogliere, accettando di lasciarsi cambiare dai giovani, favorendo il loro protagonismo, trovando parole e percorsi di salvezza capaci di rispondere alle loro domande di pienezza di vita, di armonia con se stessi e con il mondo, per “richiudere il varco creatosi tra ricerca di sé e ricerca di fede, impedendo che esso si trasformi in una dissociazione senza ritorno”.