Scompare la Safog a causa di una crisi dalle origini lontane

A proposito della chiusura della SAFOG di Gorizia, non possiamo fare a meno di ricordare l’intervista, rilasciata dall’ex Presidente del Consiglio Romano Prodi, che abbiamo avuto modo di leggere lo scorso anno sulla stampa nazionale. Nella stessa, Prodi ricordava il periodo, all’inizio degli anni ’80, in cui era Presidente dell’IRI e delle Partecipazioni statali e aveva avviato il programma di privatizzazione di tutte le aziende nazionali con capitale di Stato. Affermava che si era trattato di un processo molto complicato e doloroso in quanto la privatizzazione delle imprese cancellava, assieme alle partecipazioni statali, un periodo storico e di politica industriale significativo per la ripresa produttiva post bellica.Nella nostra provincia la privatizzazione aveva interessato tre delle cinque imprese presenti: SAFOG,OMG e SBE. Ne erano rimaste indenni la Fincantieri e l’Ansaldo (privatizzata successivamente).Trattasi tutte di realtà, inizialmente private, divenute a partecipazione statale. per garantire continuità produttiva e occupazionale in un territorio particolarmente disagiato a seguito delle conseguenze belliche.Dagli anni ’80 ai giorni nostri di tempo ne è passato parecchio e i siti di cui trattasi non sono mai stati improduttivi o in deficit .Gli acquirenti della OMG e della SAFOG hanno però preferito farle morire lentamente scegliendo di sviluppare le case madri site, nel primo caso in Veneto e nel secondo addirittura nella nostra stessa regione (Udine).Un ulteriore caso di abbandono delle filiali  a parte dei proprietari dopo la Detroit di Ronchi dei Legionari.L’unica realtà aperta e produttiva delle prime privatizzazioni è la SBE del Gruppo Vescovini. Nonostante la sede principale sia ubicata a Reggio Emilia, la proprietà ha, negli anni, investito nella sede monfalconese facendola divenire una realtà di notevoli dimensioni in grado di reggere l’urto del mercato e della crisi degli ultimi anni.Ciò significa che se anche nelle altre due fabbriche si fosse fatto lo stesso, oggi non saremmo a questo punto. Non è solo la marginalizzazione della zona, quindi, a rendere improduttivi i siti considerando anche che, nel frattempo, la nostra provincia, caduti  i muri, da marginale nel territorio italiano, è divenuta centrale in Europa.L’eliminazione delle partecipazioni statali doveva, pertanto, essere seguita da una politica industriale nazionale, che non è mai stata non solo  attuata ma neanche pensata, e la cui mancanza ha consentito agli imprenditori privati quella libera iniziativa che non sempre, come abbiamo visto, è confacente agli interessi dei territori.