Obiettivo sulla storia locale

La sala “Dora Bassi” di via Garibaldi ha ospitato durante la mattinata del 1 ottobre il convegno annuale di studio organizzato dalla Deputazione di Storia Patria per il Friuli. La deputazione, istituita con Decreto Luogotenenziale del 15 dicembre 1918, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 30 Gennaio 1919, con lo scopo “di raccogliere e pubblicare, per mezzo della stampa, studi, storie, cronache, statuti e documenti diplomatici ed altre carte che siano particolarmente importanti per la storia civile, militare, giuridica, economica ed artistica del Friuli” giunge alla sua ottantanovesima giornata di studi, che la città ha avuto l’onore di ospitare altre due volte, ovvero nel 1923 (per il terzo convegno) e nel 1954 (per il diciassettesimo convegno).Dopo i saluti del sindaco Ettore Romoli e dell’Arcivescovo Emerito mons. Dino De Antoni, ha aperto i lavori il presidente della deputazione professor Alberto Bergamini. Il presidente salutando i presenti ha ringraziato il sindaco per l’ospitalità che onora la deputazione, ricordando che Gorizia è l’unica città ad aver ospitato per tre volte il convegno; ha poi relazionato sulle attività dell’associazione presentando le due nuove pubblicazioni di quest’anno ovvero il volume “Gli Antonini” curato da Liliana Cagnelutti, Giuseppe Bergamini ed Anna Frangipane e il nuovo Indice dei Volumi di Memorie Storiche Forogiuliesi.Rammentando le celebrazioni per il centenario della Grande Guerra ha inoltre ricordato la monumentale iniziativa della deputazione iniziata nel ’14 e che si concluderà entro il 2018, ovvero quella di catalogare i cippi, i monumenti e le targhe del primo conflitto mondiale presenti in regione.La parola è quindi passata al moderatore, professor Silvano Cavazza che ha introdotto i primi due interventi. Per quanto riguarda la storia del tardo impero romano Rajko Bratoz socio corrispondente straniero dal 2010, ha presentato la propria relazione sulla Battaglia apud flumen Frigidum, evento fra i più significativi del periodo, anche alla luce degli atti emersi durante il convegno per i 1600 anni della battaglia, svolto a Vipava nel 1994. Bratoz ha esposto le varie interpretazioni storiografiche analizzando le fonti antiche come il racconto della battaglia di Rufino di Aquileia ed ha evidenziato quanto il sanguinoso combattimento sia stato importante nella storia tardo-romana e nella letteratura medievale.Il secondo intervento, dello stesso Cavazza, ha avuto come oggetto le origini della contea asburgica di Gorizia, con un viaggio nel diritto feudale attraverso le vicissitudini del territorio goriziano fra dominio veneziano e fedeltà asburgica da parte dei signori locali. È stato posto l’accento sul ruolo di Simone di Ungerspach come mediatore, grazie alle proprie conoscenze presso la corte imperiale.Dopo i due interventi sono seguite le “comunicazioni” relazioni che, come ha messo in luce il moderatore, hanno anche lo scopo di far conoscere giovani e promettenti studiosi del territorio. Proprio il giovane Roberto Cecovini ha condotto gli uditori alla scoperta dell’organizzazione delle strade durante l’età romana, relazionando appunto sull’ “organizzazione territoriale e rete viaria nella piana di Gorizia, secoli V-X”. Lo studioso si è concentrato sul tentativo di ricostruire la rete stradale antica e tardo medievale della piana di Salcano, partendo dall’osservazione dalla regolare ed omogenea direzione dei campi nella piana e dallo studio delle mappe catastali napoleoniche e odierne.Sebastiano Blancato invece ha parlato di storia locale e paleografia analizzando un documento riguardante un contratto di compravendita di alcuni campi a Lucinico nel 1262. La carta che è stata descritta fa parte di un codice diplomatico raccolto da Vincenzo Joppi, interessante perchè per la prima volta compare l’esempio della variazione del toponimo “Lucinis” al posto del classico “Lucinicus” nel XIII secolo, che compare per ben tre volte nel documento. Èstata analizzata da parte dello studioso la datazione e l’intestazione, con un commento sul metodo della scrittura e sulla sintassi. Il documento è stato anche visionato in digitale grazie ad alcune immagini, nel suo complesso e nei particolari.La terza comunicazione invece, da parte di don Alessio Stasi, ha avuto come protagonista Giovanni da Santacroce, al secolo Tobia Lionelli. Il professor Stasi infatti ha esposto un suo inedito studio su questo predicatore goriziano cappuccino, vissuto nell’età barocca. Il suo nome è legato sicuramente alla sua raccolta di sermoni “Sacrum Prontuarium” che uscì in cinque tomi a Venezia e Ljubjana a cavallo fra il Sei e il Settecento. Il Santacroce fu definito il migliore rappresentante dell’oratoria nell’età barocca e grazie ai suoi sermoni pubblicati il lettore può anche risalire a un vivido spaccato della società del tempo. Stasi si è occupato di ricostruirne l’origine famigliare, scoprendo che altri non è che il figlio di Flavio, a sua volta figlio di Nicolò Lionello che progettò l’omonima e famosa loggia udinese e che si stabilì nelle valli del Vipacco dove nacque il predicatore, che visse per vent’anni nel collegio dei cappuccini di Gorizia dove morì di podagra. L’intervento si è chiuso con la lettura di alcuni passi dai sermoni del cappuccino.A seguire dall’oratoria si è passati all’economia agricola, con l’intervento di Paolo Iancic intitolato “Bastonate per la rivoluzione. Il difficile esordio della nuova agricoltura del goriziano”. Iancic ha voluto riportare un tanto colorito quanto curioso episodio avvenuto nel villaggio del Podgora nell’estate del 1668. Quel periodo era caratterizzato dalla rivoluzione agraria data rappresentata sia dal cambiamento delle attrezzature e dei metodi ma soprattutto dal passaggio alla rotazione continua e all’introduzione delle “coltivazioni migliorative” di erba medica e foraggio al posto del tradizionale maggese. Questa riforma andava accettata con lungimiranza poichè i suoi risultati si sarebbero visti a lungo termine e per questo motivo i contadini dell’abitato di Podgora si ribellarono alla decisione dell’imposto cambiamento delle coltivazioni. A causa della rivolta insorta -racconta Iancic- il capo villaggio e alcuni suoi collaboratori furono condannati a 25 bastonate in pubblico, condanna che fu fortunosamente sospesa quando i rei erano già sul “patibolo” appositamente predisposto, in modo tale che servisse da esempio per tutta la comunità.A conclusione delle “comunicazioni” è stata chiamata Daniela Porcedda che ha relazionato a proposito della donazione di Graziadio Isaia Ascoli alla città di Gorizia. La studiosa ha descritto il primo lascito ascoliano, che fu celebrato pochi mesi dopo la sua morte, attraverso le testimonianze scritte del segretario comunale di allora che descrisse il lascito del celebre filologo alla collettività. Detto lascito consta principalmente delle “prove” del suo Cursus Honorum, vale a dire pergamene e diplomi di studio, di laurea, di partecipazione ai più famosi congressi e onorificenze nazionali (fra cui i massimi gradi degli Ordini Sabaudi e della Corona d’Italia) ed estere conseguite dal professore.Ha concluso la giornata di studi il professor commendator Sergio Tavano, amichevolmente definito dal moderatore “patrono vivente della storiografia goriziana” con alcuni ragionamenti sul binomio Aquileia Gorizia, dalla soppressione del patriarcato all’istituzione delle Arcidiocesi di Gorizia e Udine e con un commovente ricordo dell’amico professore ed archeologo aquileiese Tita Brusin nel quarantesimo anniversario dalla scomparsa. L’occasione è stata anche propizia per ricordare lo Staadtgymnaisum di Gorizia, frequentato dal Brusin, come istituzione scolastica mitteleuropea unica nel suo genere, vero collante fra popoli lingue e nazioni.Le conclusioni del convegno ed i saluti sono stati nuovamente affidati al presidente Bergamini che ha ringraziato i relatori e il pubblico per una così poderosa partecipazione, ricordando che le relazioni complete e gli atti del convegno saranno prossimamente pubblicati, anche con il generoso aiuto del Comune di Gorizia.