Il canto è preghiera e comunità

Il canto è preghiera ma è anche comunità. Vi esorto a cantare non solo nelle nostre chiese e nelle nostre celebrazioni ma anche fuori, nella vita di tutti i giorni: ormai nessuno canta più nei campi, nei cortili, nelle osterie o trattorie. E invece bisognerebbe perché il canto è sintomo di gioia”. Sono le parole conclusive dell’omelia tenuta da don Moris Tonso che questo pomeriggio ha presieduto la liturgia solenne a Lucinico in occasione della nona edizione di Cantorie in Festa. Oltre un centinaio tra cantori e cantorine giunti da tutta l’arcidiocesi nella chiesa di San Giorgio per ritrovarsi e cantare assieme.A dirigere l’assemblea-coro il maestro Fulvio Madotto, direttore della Cappella Metropolitana di Gorizia, accompagnato all’organo da Vanni Feresin, organista di San Rocco a Gorizia. Un momento di festa e ritrovo organizzato da Cantores Archidiocesis Goritiensis e che è ormai un appuntamento fisso per gli operatori della musica sacra diocesana. Si tratta di un appuntamento sostenuto dalla Cassa Rurale Fvg e organizzato con l’Ufficio Liturigico Diocesano, diretto da qualche mese proprio da don Tonso.Accanto al sacerdote anche monsignor Michele Centomo, già direttore de medesimo ufficio e cerimoniere diocesano, e don Maurizio Qualizza.”La preghiera deve essere qualcosa di costante, quotidiano, non saltuario”, ha detto ancora don Moris nell’omelia. “Oggi il Vangelo, attraverso la parabola del pubblicano, ci chiede che la preghiera sia vera, costante ed efficace. Dovremmo chiederci come sia la nostra preghiera, se le nostre giornate siano scandite dalla preghiera. Una preghiera che può essere comunitaria e personale. Può essere fatta di formule, quelle che impariamo a memoria ma che ci aiutano, anche i salmi, ma anche personale: la preghiera silenziosa, in quel silenzio che spesso noi anche nelle nostre celebrazioni dimentichiamo, che è come parlare con Dio”.”C’è anche la preghiera che noi esprimiamo attraverso il canto: con il canto si prega e, come dice quel famoso adagio, “chi bene canta, prega due volte”. Il cantare è importante e fondamentale nelle nostre celebrazioni e liturgie: è un linguaggio proprio della liturgia e non dobbiamo pensare che sia un elemento decorativo ma è parte della liturgia. Spesso le messe vengono distinte ancor oggi in base alla presenza o meno del canto e, poi, di che tipo di canto. Esso rappresenta un motivo di unione tra persone diverse, tra cori diversi e coristi diversi”. “Mi chiedo come riesca, il maestro, a mettere insieme tante persone diverse e a farle cantare insieme”, si è domandato don Tonso. “È il linguaggio proprio della liturgia che ci unisce e che ci fa pregare assieme. I canti e il canto ci aiutano a percepire la presenza di Dio in mezzo a noi, nella celebrazione, nell’assemblea e nella comunità. Altrimenti il canto è una sorta di concerto che non è la stessa cosa di cantare all’interno della celebrazione liturgica”. “Il Vangelo di oggi ci parla del segreto del perché il canto nella preghiera sia vero ed efficace. Questo è dato dall’umiltà, dalla semplicità e dal cuore che canta. Dobbiamo metterci nella preghiera, così come fa il pubblicano che ha a cuore l’amore di Dio e non delle cose terrene. Quando cantiamo ci deve essere questa predisposizione interiore altrimenti diventa un’esibizione. Questo è il rischio, ovvero cantare per esibizionismo, per mettersi in mostra. Questo è un rischio che anche i nostri cori possono vivere: l’invito è di cantare con passione, amore e fede, sapendo che quel canto si mette al servizio di Dio e di tutto. Se il coro mette il cuore nella celebrazione, si sente”, ha concluso don Moris.