Gustavo Zanin, maestro organaro

Il maestro Gustavo Zanin è tornato alla casa del Padre il 19 aprile, il giorno prima aveva compiuto 91 anni. Quando si varcava il cancello della sua amatissima bottega organaria, a Codroipo, si respirava un’aria sacrale: silenzio e lavoro per creare quei manufatti che avrebbero cantato le lodi del Signore. Come amava ricordare, la sua era una bottega artigiana a tutti gli effetti, un’azienda antica, familiare, dove i segreti dei materiali, delle dimensioni delle canne, dei somieri si passavano di padre in figlio. La sua ditta organaria era stata fondata nel 1823 da Valentino Zanin e iscritta alla Camera di Commercio di Udine nel 1827, il maestro sperava di poter festeggiare il bicentenario insieme a tutta la sua grande famiglia. L’attuale sede di Codroipo fu una intuizione di Gustavo, infatti volle scegliere un luogo perfetto per creare le armonie, cioè un posto silenzioso e affascinante, proprio vicino al Campo Santo – “Non c’è luogo più adatto per costruire gli organi, ci vuole silenzio e concentrazione e quando ho visto questo appezzamento di terra me ne sono innamorato! Ho fatto debiti incredibili per acquistare quel luogo, da far tremare le vene e i polsi, ma ho pagato tutto fino all’ultimo centesimo” – così raccontava nei suoi indimenticabili tour all’interno della fabbrica di organi.Gustava amava tantissimo ricordare i nomi dei suoi antenati e discendenti: Valentino, Giuseppe, Beniamino, Francesco, Gustavo, Francesco II e Carlo, il più giovane, classe 1988. “Siamo giunti a ben sette generazioni di organari: di solito il nonno fa i sacrifici, il padre amplia, il figlio gode, i nipoti sperperano! Ma qui non è stato così, perché in ogni generazione sono state scelte le persone giuste!” – così diceva parlando dei suoi adorati figli e nipoti. La famiglia Zanin è legatissima a Gorizia e al Goriziano infatti dopo il primo conflitto mondiale Beniamo ebbe la possibilità di costruire i grandi organi della chiesa di Sant’Ignazio e della Cattedrale di Gorizia, poi nel 1940 il padre di Gustavo si occupò di realizzare l’organo pneumatico della Chiesa di San Rocco. Da ricordare che la chiesa di Sant’Ignazio è in possesso del più grande organo pneumatico d’Italia con oltre 4500 canne. Nel 1946 Gustavo, appena sedicenne, venne inviato dal padre nel Borgo di San Rocco per rimettere a posto lo strumento dopo gli anni di guerra e ci rimase diverse settimane, come raccontava durante la consegna del Premio San Rocco nel novembre del 2017: “eravamo in due, io e mio cugino, seppur giovanissimi e sprovveduti eravamo già capaci di mettere le mani su uno strumento realizzato da nostro padre. Dormivano in chiesa e lavoravamo tutto il giorno e all’ora di pranzo immancabilmente mio cugino mi chiedeva: “Cosa si mangia oggi?” e io con il sorriso rispondevo “Verze!”, infatti era l’unica cosa che ci portavano le buone signore del Borgo!”. Lo stesso Gustavo, insieme al figlio Francesco, nel 2000 sarà fautore del restauro conservativo dell’organo di San Rocco: ancora lo si vede correre sulle scale della cantoria, al termine del concerto inaugurale, perché una canna non voleva smettere di farsi sentire. Gustavo ha fatto della sua professione una vocazione, già a sei anni era aiutante del padre per le accordature, il compito iniziale era quello di tenere premuta una nota della tastiera mentre Francesco regolava l’emissione dell’aria per ottenere un suono pulito e armonico. Gustavo ha amato visceralmente il suo lavoro, raffinando le tecniche sempre nella tradizione e valorizzando le conoscenze antiche. Sapeva narrare la storia della sua famiglia e di quanto importanti siano state le donne per l’azienda, lui parlava sempre della sua sposa: “non è solo mia moglie, ma prima tutto la mia sposa: l’essere sposa indica il saper essere perfettamente in armonia con tutta la famiglia, saper coltivare i rapporti, smussare gli angoli, sopportare la suocera e sapere accogliere le nuore! La mia sposa è stata una colonna della famiglia, se l’azienda è cresciuta ed esiste oggi è merito suo!”.L’azienda di Gustavo, oggi guidata dal figlio Francesco e dal nipote Carlo, ha costruito e restaurato oltre quattrocento organi, tra i quali ricordava con orgoglio, quello della Cattedrale di Spalato, quello di Hiroshima, della Cattedrale del Principato di Monaco, dei Conservatori di Trieste, Udine Rovigo, Adria, Como, L’Aquila, Salisburgo, Copenaghen e Helsinki. Sottolineava sempre con grande gioia i suoi vanti lavorativi maggiori e cioè il restauro dell’organo di Mozart a Salisburgo e del cinquecentesco organo di Valvasone, il più antico del Friuli.Gustavo è stato un uomo dalla fede solidissima e dalla generosità assoluta, aveva ricevuto una serie notevole di prestigiosi riconoscimenti non ultimo la laurea honoris causa in storia dell’arte e conservazione dei beni storico-artistici dalle mani dell’allora rettore dell’Università di Udine, Alberto De Toni, ma il titolo che amava darsi era quello di “nonno” e tutti erano suoi nipoti che ascoltava e sapeva accompagnare con delicatezza e saggezza.Il maestro Gustavo è stato un uomo dal talento eccezionale, dal sorriso accattivante, che ha saputo esprimere e testimoniare valori assoluti alle nuove generazioni: la fedeltà, la rettitudine e la lungimiranza. Come tutti i Grandi lascia una eredità immensa e un vuoto incolmabile.