“Grazie, signor Slanisca!”

“Come va il giornale? La tipografia consegna puntualmente? Con le Poste ci sono ritardi?”. Anche dopo avere lasciato il suo servizio amministrativo in redazione, sino a quando le gambe e la vista glielo hanno permesso, il signor Slanisca (perché è così che l’abbiamo sempre chiamato al giornale) allungava spesso la sua camminata mattutina per passare in Corso Verdi e gettare uno sguardo veloce alla sede di Voce Isontina. Capitava così (soprattutto quando riuscivo a scorgerlo dalla finestra dell’ufficio ed a scendere in tempo i due piani di scale visto che il suo passo era più da marcia che da passeggiata…) di incrociarci e di scambiare qualche battuta. La sua curiosità era sempre carica di affetto per sapere come andava quel settimanale a cui aveva dedicato – proprio quando avrebbe potuto godersi la meritata pensione – tante ore della sua vita; un impegno, il suo, che procedeva di pari passo con quello del Consiglio di amministrazione (ed in particolare del presidente Arnolfo deVittor e di Giorgio Gratton) e che aveva consentito a Voce Isontina di acquisire una struttura amministrativa autonoma rispetto la dipendenza sino ad allora avuta dall’Ufficio amministrativo della Curia e di rispondere con precisione e puntualità alle richieste che le nuove normative sull’editoria pretendevano. La sua gentilezza unita ad una competenza notevole gli avevano permesso di essere conosciuto ed apprezzato negli stessi uffici ministeriali romani cui si rivolgeva per avere delucidazioni su qualche domanda di contributo particolarmente complessa, venendo a capo anche delle apparentemente spesso insuperabili pastoie burocratiche. In tanti anni, mai nessuna domanda presentata dal nostro settimanale è stata respinta o ha ricevuto osservazioni e questo dipendeva soprattutto dalla meticolosità con cui, a mano prima o con il solo aiuto della mastodontica calcolatrice da tavolo poi, metteva in riga le cifre, controllando e ricontrollando che i numeri “battessero”.Giuseppe Slanisca è stato un consigliere discreto ed un preciso punto di riferimento per i direttori: anche quando non era d’accordo con la posizione dell’interlocutore, le sue osservazioni venivano sempre avanzate con uno spirito di correzione fraterna e questo aiutava a superare anche le eventuali, apparenti, piccole incomprensioni che potevano nascere.Quando si era reso conto che il suo lavoro aveva prodotto frutti e poteva lasciare ad altri la responsabilità amministrativa, si era ritirato in punta di piedi anche se ad ogni richiesta di aiuto (telefonica o di persona) rispondeva sempre senza indugio.Ancora alla soglia del 95° compleanno, aveva voluto partecipare nell’aprile 2014 alla celebrazione al Kulturni Center “Lojze Bratu¬” per il 50° anniversario di Voce Isontina: era stata per lui una gioia ed un motivo di orgoglio incontrare tanti amici della Federazione italiana dei settimanali cattolici conosciuti nei decenni precedenti e giunti da tutta Italia per festeggiare la nostra testata.La riservatezza personale si apriva solamente quando raccontava della propria amata famiglia (della moglie Nelli con cui ha trascorso una vita insieme, delle figlie Elena e Paola, delle nipoti) o gli episodi che alla fine del secondo conflitto mondiale lo videro militare italiano prigioniero degli inglesi in Sud Africa. In quel Paese, all’inizio degli anni Novanta, aveva voluto ritornare per rivedere i luoghi dove otto lustri prima aveva trascorso la prigionia. Un viaggio “non organizzato” nel Sud Africa non ancora uscito dall’apartheid ma che ben racconta il carattere di un uomo che voleva vedere di persona per capire.Accanto all’impegno in Voce Isontina, quello nella parrocchia di San Rocco a Gorizia, dove ha curato a lungo l’amministrazione ed è stato fedele custode dell’archivio parrocchiale: nella chiesa dedicata al santo di Montpellier la sua era una presenza fissa alle liturgie domenicali o anche a quelle feriali a testimonianza di una fede sempre vissuta profondamente e mai senza ostentazione. Nel 1994, papa Giovanni Paolo II gli aveva concesso la croce “Pro Ecclesia et Pontifice” per il suo lungo e gratuito servizio alla Chiesa.Con il suo ritorno alla casa del Padre (avvenuto all’inizio di questa settimana, poco meno di due mesi dopo avere compiuto i 99 anni, l’età dei saggi patriarchi biblici), Voce Isontina perde un altro pezzo importante dei suoi primi 55 anni di vita. Alla moglie ed alle figlie ed ai  familiari, la vicinanza nella preghiera da parte di tutto il settimanale diocesano.