Artigiani di pace

Domenica 26 marzo si è svolta la seconda Via Crucis francescana transfrontaliera iniziata sul piazzale antistante la Chiesa dei Cappuccini a Gorizia e conclusa al santuario della Castagnevizza, accompagnata dalle meditazioni composte da don Jože Plut, canonico della cattedrale e cappellano militare delle Forze Armate Slovene. I francescani italiani e sloveni hanno percorso le strade di Gorizia e Nova Gorica, ascoltando ora in una lingua, ora nell’altra, le riflessioni che don Jože ha scritto mentre nei suoi occhi scorrevano lontane immagini sporche di sangue nella guerra tra Ucraina e Russia, impolverate sotto le macerie dei terremoti in Turchia e in Siria, strappate dalla violenza delle persecuzioni in Nigeria e in Nicaragua. Lo sguardo dei francescani e di un centinaio di fedeli che hanno meditato insieme a loro si è fermato sui luoghi di questa terra, più vicini ma non, per questo, più conosciuti: la Mensa dei poveri che ogni giorno aspettano di varcare la porta del Convento affamati di pane e di relazioni; la Casa Circondariale con le sbarre alle finestre oltre le quali i detenuti cercando di intravedere la luce e il futuro; il Monastero Totus Tuus in cui cinque sorelle clarisse hanno scelto di seguire il Signore vivendo in clausura, Piazza Grande – ora Piazza Vittoria – dove il 26 marzo del 1713 scoppiò la rivolta dei Tolminotti e, tra il 20 e il 23 Aprile 1714, 11 di loro furono condannati e giustiziati per decapitazione; la Galleria Bombi dove qualche anno fa cercarono rifugio, nelle fredde notti invernali, centinaia di migranti giunti seguendo la rotta balcanica; le rotaie del Valico del Rafut che si possono attraversare per raggiungere la terra oltre il confine che non c’è più; le celle destinate ai religiosi della Kostamjevica trasformate dal regima fascista in celle di internamento per donne detenute politiche durante la Seconda Guerra mondiale; la comunità Incontro nell’ala destra del Convento dove alcuni ragazza sono in terapia per assuefarsi alla vita e non alla droga; la galleria sotto il Monastero dove durante la Prima guerra mondiale, il 9 agosto 1916, venne fucilato il frate francescano Aleksander Vavpoti¤, professore di ginnasio, di canto e di musica sacra al seminario di Gorizia nonché organista, fine predicatore e sensibile confessore; la ricca Biblioteca del Monastero intestata a padre Stanislav Škrabec, il più noto linguista-slavista sloveno, che ha vissuto a Kostanjevica per 42 anni; il settimanale cattolico Družina – La Famiglia – nato nel 1952, che si distinse per essere voce critica non solo del regime ma anche dell’immobilismo della sua Conferenza Episcopale. Nello spiazzo brullo e fangoso di quello che era un edificio scolastico, don Paolo Zuttion, cappellano del carcere di Gorizia, accoglie i fedeli che desiderano portare la speranza e la preghiera a quei figli prodighi che cercano rifugio nell’abbraccio misericordioso del Padre. In una piazza Sant’Antonio sonnacchiosa la domenica pomeriggio, basta spingere il pesante portone di legno della Cappella del Monastero per entrare in un mondo meno secolare e più intimo: v’è un silenzio pregno della voce di Dio, quasi irreale all’orecchio. E quel manipolo di cittadini, in comunione spirituale con le suore clarisse, osa rompere la quiete di quel posto solo con il suono della musica e la melodia dei canti intonati.Entra nel buio della Galleria Bombi per uscire alla luce e salire il colle fiancheggiando la pista ciclabile, in parte già realizzata lungo il confine tra le due città nominate Capitale Europea della Cultura 2025, il serpentone guidato dall’Arcivescovo di Gorizia.E, giunti alla fine della seconda Via Crucis francescana transfrontaliera, l’Arcivescovo racconta alle due fraternità OFS e FSR di Gorizia e Kapela e ai fedeli che si sono unti lungo la via e anche sulla cima della Kostanjevica, che proprio la mattina di quella quinta domenica di Quaresima, s’è recato ad Aquileia per benedire, nella Basilica, un mosaico con la croce dell’antica città romana, sotto i cui bracci sono indicate le parole Alfa e Omega la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto greco, il principio e la fine della vita. Nessuno può togliere la croce ad un altro, a ciascuno è chiesto di essere sia Gesù, sia Simone di Cirene ma il giogo è dolce e il peso è leggero se portato con amore perché è l’Amore il senso della Vita. E’ tempo di riporre le 14 croci lignee in Fraternità, come Pietro, invitato da Gesù, rimise la spada nel fodero; è tempo di essere artigiani di pace e non rispondere alla violenza con la stessa arma; è tempo che la pioggia scenda a bagnare la terra, ora che tutti sono tornati alle proprie case, per irrigarla, fecondarla e farla germogliare.