Alunni, al tempo del Covid

Tra mille difficoltà legate alla complessità del momento che stiamo vivendo a causa della pandemia da Covid-19, anche le Scuole paritarie cattoliche presenti nel territorio della diocesi proseguono il loro servizio. Una presenza importante per gli alunni ma anche per le loro famiglie che offre motivo per guardare con speranza al futuro.Ne abbiamo parlato con suor Annarita Riello, direttrice della Scuola dell’Infanzia che le Ancelle di Gesù Bambino gestiscono ormai da decenni a Gorizia.

Suor Annarita, come è stata la ripresa dell’anno scolastico nella vostra scuola?Per noi giungere alla ripresa – dopo la chiusura forzata della scuola nella scorsa primavera – ha comportato adempiere a passaggi burocratici ed organizzativi molto difficili e pesanti. Da parte loro, i bambini non vedevano l’ora di rientrare a scuola anche se quando questo è avvenuto hanno trovato tante novità: gli ambienti non sono più gli stessi, gli spazi sono stati rivoluzionati… Anche il numero degli iscritti è diminuito e quindi i piccoli si sono trovati un po’ disorientati. I genitori non ci hanno nascosto la gioia per la ripresa dovuta anche al fatto che, avendo ricominciato tutti a lavorare, sentivano il bisogno di mettere i propri figli “al sicuro”, dando continuità al percorso educativo.Quest’anno abbiamo 9 “piccoli” con uno spazio tutto per loro e due ulteriori gruppi di 13 bambini ciascuno per un totale di 35 frequentanti.

Mi accennava prima alla gioia dei bambini per il rientro a scuola…I bambini sono molto bravi: la mattina sanno che possono entrare uno alla volta mentre, a differenza di quanto avveniva sino all’anno scorso, i genitori si fermano sul marciapiede, in strada. Poi aspettano che papà o mamma firmino la documentazione quotidiana, si fanno misurare la febbre, igienizzano le mani: per loro questi sono diventati gesti automatici e non mostrano sofferenza per l’attesa ma anzi un rispetto reciproco molto importante.C’è una cosa che li riguarda e che emerge quando ci confrontiamo con le maestre. In questi anni abbiamo lavorato davvero tanto per cercare di fare sentire i bambini a proprio agio e bene con se stessi; ci siamo impegnati perché andassero “incontro agli altri”, capendone i bisogni, esprimendo i propri sentimenti con un abbraccio o un bacio o prendendosi per mano: tutto questo oggi non è più possibile e sono loro stessi a ricordaselo e ricordarcelo.Un esempio “fresco” di ieri mattina. Un bambino ha detto ad un altro che lo voleva abbracciare perché gli vuole molto bene. Ma l’altro gli ha ricordato subito che quel gesto non era possibile “perché c’è il Covid”… Si è lavorato molto per instaurare un certo clima ed adesso dobbiamo lavorare per proporre l’atteggiamento “opposto”. Non è facile!

Il Covid-19 entra nei loro discorsi?I bambini parlano tanto del Covid. Nei giorni scorsi uno mi ha detto: “Sai, io compio gli anni e mi è arrivato un pacco con un bel vestito da Spider man”. Allora io gli ho chiesto se lo avesse già provato ma lui mi ha risposto che questo non era avvenuto perché “c’è il Covid e la mamma dice che bisogna lavare tutto prima di provarlo”. Non vivono con ansia o angoscia questo momento però il virus è entrato nella loro quotidianità.