A piccoli passi verso la ripresa delle attività

Lo scorso febbraio avevamo incontrato don Paolo Zuttion, cappellano presso il carcere di Gorizia, il quale ci aveva illustrato i tempi non facili della pandemia all’interno della struttura penitenziaria, con il virus fortunatamente rimasto “fuori”, ma con i detenuti in cerca di garanzie sulla loro salute e purtroppo costretti ad un’inevitabile “stand by” di tutte le attività che, in tempi normali, possono seguire all’interno del carcere.Oltre a ciò, l’impossibilità di incontrare i famigliari e le difficoltà a mettersi in contatto con loro rendevano il momento già particolare, ancora più complicato.A distanza di otto mesi, qual è quindi l’andamento? Qui “fuori” le cose stanno visibilmente migliorando, ma lo sono anche per il carcere, di cui spesso in molti si dimenticano? Lo abbiamo nuovamente chiesto a don Paolo, che ci ha presentato una situazione fortunatamente migliore rispetto all’inizio dell’anno.

Don Paolo, rispetto ai primi mesi del 2021, che situazione c’è ora nelle carceri, in particolar modo quella goriziana? Che attività si sono potute riprendere?Alcune attività sì, sono state riprese, ma la situazione è purtroppo ancora abbastanza ferma e chiusa. Per quanto riguarda la mia presenza e quella dei volontari che vengono a sostenere attività come la celebrazione della messa alla domenica o la distribuzione del vestiario, questa è stata permessa solo ad una persona ed esclusivamente per supportarmi nella distribuzione degli indumenti; la presenza dei volontari alla celebrazione domenicale non è ancora prevista e, quando lo sarà, ovviamente dovrà seguire tutte le regole antiCovid, compreso il possesso di Green Pass.Al momento quindi stiamo andando verso un’apertura ma siamo ancora abbastanza limitati nella presenza soprattutto di volontari esterni.Per quanto riguarda invece le persone recluse, i loro contatti con le famiglie sono ripresi, possono incontrare i famigliari e questa è una cosa molto positiva.A rilento ma stanno infine riprendendo anche le attività esterne, come il teatro in carcere, alcuni corsi formativi… Si sta tornando alla normalità, con molta cautela e molta precauzione ma piano piano c’è una “riapertura” verso l’esterno anche per la realtà carceraria.

Ha accennato poco fa al teatro in carcere. Poche settimane fa si è svolto proprio il Festival di Teatro e Arte in Carcere “Se io fossi Caino”, com’è andata quest’esperienza?Il Festival è andato molto bene, registrando ottime presenze pur con le difficoltà dovute al Covid. Le tre serate sono state frequentate da numerose persone e sono molto soddisfatto soprattutto per l’incontro svolto al Pastor Angelicus: un dibattito su temi complessi come la giustizia riparativa, il senso della giustizia, l’evoluzione dell’amministrazione della giustizia nella storia; è stata una serata molto ricca ed intensa, con la presenza Giuseppe Mazzanti, docente di Storia del diritto medievale e moderno, Laura Montanari docente di Diritto pubblico comparato, Alberto Quagliotto direttore della Casa circondariale di Gorizia e don Franco Gismano, docente di Teologia e Filosofia all’ISSR di Udine.Le altre serate hanno visto due presentazioni teatrali: un monologo dell’attore, ex detenuto, Salvatore Striano e lo spettacolo di e con Elisa Menon “Silenzio”.C’è stata poi, nelle scorse settimane, una serata all’interno del carcere, con la presenza dei detenuti, per l’inaugurazione di un palco, realizzato con l’aiuto di don Alberto De Nadai, collocato nell’ex chiesa del penitenziario oggi usata come Polivalente. La serata ha visto la partecipazione del coro giovanile dei Freevoices, un incontro molto bello al quale hanno potuto prendere parte anche l’arcivescovo Carlo e una cinquantina di persone esterne. Un bel momento di condivisione.

La campagna vaccinale sta procedendo a grandi passi; sono state prese misure precauzionali anche per i detenuti?Certamente, anche i detenuti sono stati vaccinati e c’è un controllo molto puntuale e mirato, per mezzo di tamponi, che viene svolto regolarmente. Inoltre, quando un nuovo detenuto fa accesso alla struttura, viene sempre sottoposto a tampone e ad un periodo di quarantena.C’è un’estrema attenzione a non far entrare e a non diffondere il virus, pur essendo appunto la situazione molto migliorata.

Rispetto a febbraio quando, ancora nel pieno dei lockdown, doveva spesso fare da “mediatore” tra carcerati e famiglie, com’è ora il suo lavoro, è cambiato qualcosa?C’è una minore pressione, nel senso che prima era richiesto davvero molto un mio contatto da parte dei detenuti con le loro famiglie, che facevano difficoltà non solo a vedere ma anche semplicemente a contattare. Ora è più facile per loro incontrarsi, pertanto da questo punto di vista il lavoro è in qualche modo “minore”, anche se rimane sempre la richiesta di contattare la famiglia, per sapere come sta, se va tutto bene… Questo è proprio uno dei ruoli del cappellano, con o senza pandemia.Mi viene poi spesso richiesto di collaborare per trovare degli ambienti per chi – quando i giudici lo concedono – può scontare delle pene alternative. Dal momento che diversi non hanno famiglia, o questa è lontana, si cercano delle possibilità di alloggio per poter essere quindi introdotti appunto in misure alternative al carcere.Credo che, come Chiesa, dovremo orientarci sempre di più su questo punto, ossia cercare di creare insieme ambiti e luoghi affinché queste persone possano trovare la possibilità delle misure alternative. Inoltre la riforma Cartabia prevede che il carcere sia l’extrema ratio quando non si può fare altrimenti, dando la possibilità di misure alternative, di attività anche nella visione della giustizia riparativa, affinché le persone che hanno commesso un reato possano in qualche modo riparare, restituire attraverso attività socialmente utili il danno procurato alla comunità.Si sta andando verso questo, pertanto direi appunto che, come Chiesa, dobbiamo sempre di più essere attenti a queste realtà e che, oltre ad una presenza in carcere – che è importante -, che ci sia anche un’attenzione maggiore al territorio affinché le persone che hanno commesso dei reati possano riparare al danno commesso dando loro delle opportunità, che non è semplice, non è facile trovare.

Come diceva, pian piano si va verso una “riapertura” verso l’esterno anche per la realtà carceraria. Ci sono alcune idee o progetti che verranno messi in atto prossimamente?Sta, come accennavo, ricominciando il percorso teatrale svolto dai detenuti e a novembre dovrebbe esserci la rappresentazione dello spettacolo da loro realizzato. In quest’occasione ci sarà la possibilità, da parte della cittadinanza, di entrare nella struttura per assistere alla recita.Oltre a ciò stiamo mettendo in piedi un’associazione di volontari per poterci organizzare meglio anche dal punto di vista appunto delle misure alternative, operando così anche all’esterno del carcere, con i detenuti, le loro famiglie, le varie strutture…