“Te Deum” per don Dario

San Lorenzo Isontino ha voluto esprimere davvero un grande “grazie” al Signore per i 50 anni di sacerdozio di don Dario Franco. Ed è stata davvero una festa comunitaria quella vissuta nel suo paese natio, da lui tanto amato fin da bambino per il suo ridente scorcio collinare e l’ampia zona boschiva percorsa da viottoli seminascosti tra il fogliame, luoghi speciali per i suoi girovagare di bambino, alternati all’imbrunire, dai giochi a rimpiattino negli angoli più romiti del paese. Questi piccoli frammenti di vita raccolti a voce dai chiesa, dopo la messa, mentre le slides si snodavano sul grande schermo. Come apertura la foto della prima messa con una didascalia: “Don Dario Franco da 50 anni al servizio del Signore nelle nostre comunità diocesane”. Una frase breve con al centro la parola “servizio” che caratterizza l’operato di  San Francesco e Madre Teresa e che don Dario ha citato come paradigmi dei “servitori” di Dio. Dalle immagini è emerso tutto il profilo vitale del sacerdote: dalla spensieratezza dell’asilo, alla serietà della scuola elementare e a quella più consapevole della Prima Comunione, fino all’entrata in seminario. La sua vocazione, ha spiegato, non è nata dal volere del parroco di allora o dall’insistenza della madre, ma dalla lettura di alcuni passi di San Domenico Savio e altri santi che hanno influito sulla sua decisione di essere buono e bravo, perchè voleva assomigliare a Gesù, e così a 13 anni entra in seminario. Del periodo ricorda l’amicizia con don Paolo Bonetti che si è rinsaldata nel tempo, ma interrotta con la morte del sacerdote. Ricordando questi momenti la voce gli si s’incrina: “Avremmo potuto fare ancora tante cose insieme!”- esordisce commosso. Le immagini si susseguono con  l’esperienza austera di Spello, vicino ad Assisi, ai piedi del monte Subasio in un convento ormai dismesso, dove il tempo era dedicato solo al lavoro, alla preghiera e alla liturgia. Inviato come cappellano ad Aquileia, porta sempre con sè il desiderio di andare in Africa e quando l’Arcivescovo Cocolin chiede la sua disponibilità a partire, don Dario accetta e va in Costa d’Avorio dove impara il Baulè per uniformarsi alla vita dei nativi. Al ritorno, parroco a Monfalcone e poi a Cervignano, per arrivare a qualche anno fa, quando su volere del vescovo Redaelli entra come cappellano all’ospedale civile di Gorizia. La diapositiva che lo mostra in veste di scalatore sui monti carnici e corridore  di bicicletta, chiude la carrellata fotografica.Domenica 4 settembre la messa giubilare presieduta dal festeggiato, affiancato dal Decano don Moris Tonso e don Bruno Sandrin. All’omelia, don Dario ha evidenziato la gioia nel parlare a tu per tu con la gente con un interscambio diretto con i fedeli, che considera parte delle sue radici. Ha ringraziato il Signore per avergli donato questo Giubileo sacerdotale (il 50° anno dalla prima messa), esortando tutti a rallegrarsi e amare di più, liberandosi dal prestigio personale. Dopo la Comunione l’intervento del Sindaco Clocchiatti che ha sottolineato la limpidezza del messaggio di don Dario e la pacatezza nell’esporlo.Con una metafora sul ciclismo, auspica che il 50° sia solo un tappa nella vita del sacerdote e augura che possa proseguire a lungo. Emozionato, consegna due doni: un volume sulla storia di Aquileia e una xilografia del duomo di Gorizia. Seguono gli auguri dell’Arcivescovo con gli apprezzamenti sulle doti di pastore di don Dario, attento alle persone e ricco di una profonda spiritualità, nonchè capace di portare avanti l’incarico di cappellano nell’ospedale di Gorizia con discrezione e squisita attenzione verso gli ammalati.Mons. Carlo ha voluto augurargli di continuare ad essere per il presbiterio, per lui e per la gente, un umile e autentico servitore del Signore. Encomiabile il discorso di don Tonso in friulano, comprensibile da tutti e scaturito dal cuore che parla al di là della grafia. “Ai vut le furtune di sta cun lui, don Dario, a Sarvignan, dulà che vin spartit no dome il pan, ma ancje il ministeri. Di don Dario mi ha culpit il so sta simpri de bande da int, soredut dai plui puars e di chei che an di bisugne, no dome di sachete, ma ancie di animo, come avocat difensor dall’omp…” A seguire la lettura di un testo del Consiglio pastorale alla consegna dei doni della parrocchia: un quadro con impressa la nostra chiesa e un modellino in scala del campanile adiacente, in cui ogni fedele riconosce la propria identità. All’ultimo minuto il dono di Vanni del suo ultimo libro, molto apprezzato.L’ovazione degli applausi e i ringraziamenti di don Bruno chiudono la cerimonia.